THE SAVAGES
 

recensione the savages

 
L’opera seconda di Tamara Jenkins (regista nel 1998 de “L’altra faccia di Beverly Hills) mette al suo centro ancora una volta la famiglia. Dopo l’analisi dell’adolescenza svolta nel primo film la Jenkins si occupa di temi molto attuali come la vecchiaia, le malattie senili e i contraccolpi che questi fenomeni hanno sulla vita dei figli, i quali, da un giorno all’altro, si vedono nella necessità di dover prestare delle cure ai propri genitori. E’ questo quello che accade a John e Wen Savage, qui interpretati da Philip Seymour Hoffman (premio Oscar per “Capote”) e Laura Linney (nominata due volte all’Oscar), i quali si trovano di fronte alla demenza senile diagnosticata al padre Lenny. Nonostante il passato i due fratelli decidono di prestare aiuto al padre (la cui convivente è da poco mancata) trovandogli una sistemazione in una casa di cura poco lontana dalla  
 
casa di John. La storia si dipana mettendo in luce tutte le difficoltà conseguenti a questa decisione, che va a confliggere con la vita lavorativa dei fratelli: John insegnante di letteratura e teatro all’università é alle prese con la stesura di un libro su Bertold Brecht; Wen scrive pieces teatrali ed è alla costante ricerca di qualcuno che le dia il suo appoggio per metterle in scena. A contorno la vita sentimentale dei  
due fratelli entrambi coinvolti in relazioni difficili a causa di complicazioni dovute a legami precedenti del partner o a problemi legati alla diversa nazionalità. La regista lascia ampio spazio all’ironia e allo scherzo, cercando di sdrammatizzare i temi trattati e rendendo così il film più godibile. I due attori protagonisti sono molto bravi nel realizzare le intenzioni della Jenkins, e danno libero sfogo alle proprie capacità attoriali, anche se talvolta i personaggi sembrano stereotipati, non convincendo fino in fondo. Non manca in alcune scene del film la critica nei confronti di aspetti della società americana come il razzismo o lo sfruttamento del dramma dell’11 settembre 2001, attuato da coloro che cercano di vivere con le sovvenzioni concesse dalla stato successivamente a questo evento. Temi ricorrenti sono poi il teatro e il cinema, che compare qui sotto forma di immagini di film d’epoca. La fotografia è ben studiata ma molto classica. Da segnalare l’insistenza, soprattutto nella prima parte, di inquadrature che riprendano i due fratelli nello stesso frame ad indicare la solidarietà vissuta in quei momenti e il forte vincolo che li lega. Un altro elemento ricorrente è il cielo ed il colore azzurro in genere, utilizzato quale simbolo di speranza, ma anche come elemento fantastico, di sogno ed evasione dalla realtà vissuta (nel finale ritornerà l’azzurro del mare e del cielo ma ora la protagonista ne è parte a dirci che quella speranza è diventata realtà). Un film che invita a riflettere sul valore della vita, sulla sofferenza da accettare, nonostante tutto, per amore. Solo questo rende la vita degna di essere vissuta.

(recensione di Francesco Carabelli )


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