THE READER
 
locandina the reader

recensione the reader

 
L'amore tra una donna e un adolescente nella Germania post bellica. Lui scappa appena può da scuola per tuffarsi nel letto di lei, lei si fa leggere da lui i libri che da sola non potrebbe leggere. Kate Winslet fedele a quanto deve avere come clausola nel contratto, per cui in ogni film o si spoglia o muore (o entrambe le cose), recita per quasi tutta la prima parte praticamente nuda. Ed è la parte migliore. Quando smette di spogliarsi e alla love story subentra il dramma (perché il dramma c'è, eccome se c'è) cominciano i dolori, per lei ma soprattutto per il film. Diviso in due tempi molto, forse troppo netti, The reader ha, anziché porselo, un problema etico grande come una casa. Problema etico inaccettabile che diventa anche problema drammaturgico, nella misura in cui va a minare la sostanziale attendibilità del racconto. Diciamola in  
 
termini semplici: come si può pretendere di accostare anche lontanamente una vergogna personale a fronte della nefandezza più crudele che la storia dell'umanità abbia conosciuto? Come si può pensare di usare la cultura come viatico per, in qualche modo, nobilitare chi si è macchiato di un' ignominia tanto infame? Perché è questo che il film, in fondo, fa: nobilitare chi, o per ottusità, o ignoranza, o incapacità di discerni   recensione the reader
mento, non ci interessa, ha ucciso sapendo di uccidere, come se un assassino che legge Shakespeare sia meno assassino di un altro. Il resto è fuffa, speculazioni (senti)mentali da rigettare in toto e rispedire al mittente, senza se e senza ma. La vicenda di The reader può essere anche commovente e toccante in sè, se non fosse calata nel contesto che le fa da cornice. Così invece la posta in gioco è troppo alta. Sul piatto della bilancia ci sta una montagna insormontabile di fronte alla quale l'unica cosa che si può fare è inginocchiarsi. Stiamo parlando di Olocausto. Altro che lei che in carcere impara a leggere e lui che non si è più ripreso dalle trombate di gioventù e le manda i nastri con su incisa l'Odissea. E ce ne sbattiamo altamente se, scoperte le malefatte, la ripudia. Ecco perché il problema etico diventa problema di scrittura sotto il quale The reader sprofonda, perché non può fare altro. Perché non c'è dramma a queste condizioni. Perché non posso appassionarmi, io spettatore, ad una vicenda come quella descritta a fronte di una tragedia al cui cospetto qualsiasi altra si trasforma in inezia. Non posso prendermi a cuore le paturnie ridicole di colei che da un certo punto in avanti desidero vedere solo morta. Sappiano bene che la questione morale il film di Daldry la contempla e la esplicita anche, ma è poco e pericoloso anche solo il pensare che si possa avanzare l'interrogativo. La condanna deve essere senza appello. Cosa che The reader non fa, anche se subdolamente vorrebbe farcelo credere. Altrimenti non ci mostrerebbe la protagonista suicidarsi salendo a piedi nudi su una pila di libri. Libri. E chi se ne frega dei libri! La protagonista piange in chiesa al suono dei cori dei bambini. La protagonista si sacrifica ad un ergastolo assicurato perché si vergogna a confessare di essere analfabeta, mentre le altre aguzzine si schierano contro di lei e mentre un centinaio di donne ebree sono morte arse vive. E questo dovrebbe riabilitarla anche solo parzialmente? Daldry afferma di no ma allo stesso dice di sì. Lo dice la messa in scena, l'enfasi, lo sguardo compassionevole su di lei. Compassionevole un par di palle. Tutta la pellicola ci pare soltanto il più tipico svarione di chi si ritrova talmente ripiegato su se stesso da perdere di vista le priorità insite nel racconto al punto da insistere a guardare il dito mentre il dito indica la luna. Oscar sacrosanto a Kate Winslet, ma avremmo di gran lunga preferito che lo avesse vinto per Revolutionary Road.

(di Mirko Nottoli )


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