THE NUMBER 23
 

recensione the number 23

 
Se guardiamo alla filmografia di Joel Schumacher, non possiamo fare altro che notare la sua versatilità nel realizzare pellicole molto diverse fra loro, per forme e contenuti. Fiducioso nella sceneggiatura di Fernely Phillips (al suo debutto e qui anche in veste di coproduttore), il regista questa volta tenta la strada del thriller psicologico. Il mistero legato al numero 23, da anni ormai affascina ed ossessiona molti e il web ha accentuato la sua carica enigmatica: esso si riferisce all’idea che tutti gli incidenti e gli eventi che avvengono nel mondo siano direttamente collegati con il numero 23. Questo è ciò che scopre Walter Sparrow (Jim Carrey), in un libro regalatogli dalla moglie Agata (Virginia Madsen) per il suo compleanno. Le vicende del personaggio principale del libro, l’oscuro detective Fingerlin  
 
(sempre interpretato da Carrey), sono piene di momenti che coincidono con la storia personale di Walter. Entrambi vedranno la propia vita sgretolarsi in una pericolosa spirale di torture psicologiche legate alla loro ossessione per il diabolico numero. The number 23 è un film che apre dunque con buoni spunti, rivelando dietro la mania per la numerologia una necessità di esplorare l’ignoto presente in ognuno di noi. Il  
bisogno di entrare in contatto con qualcosa di magico che ci faccia evadere dalla vita reale e magari ci mostri il lato più oscuro della nostra stessa persona. In realtà l’obbiettivo è raggiunto solo in parte: la vicenda risulta prevedibile quando non scontata, veri colpi di scena non ce ne sono. Tutto scorrre via fra numeri scritti su pareti, formule matematiche e fogli sparsi. Inoltre il regista opera un montaggio abbastanza serrato che, in più di un caso, spezza quei pochi momenti di suspance e facendo sembrare il film un gran videoclip. Troppo frettoloso anche il finale. Jim Carrey, dal canto suo, non convince e per quanto la sua mimica aiuti molto in alcune sequenze, non riesce proprio ad inquietarci. Meglio la prova della solida Madsen. Menzione a parte per la cupa, e ottima, fotografia operata da Matthew Libatique (Requiem for a Dream). Insomma ci si aspettava il vero salto di qualità per Schumacher ma a quanto pare ciò non è avvenuto. The number 23 è solo l’ennesimo thriller psicologico, tanto in voga ultimamente, che poco ci regala in termini di emozioni, empatia e intrattenimento. Ah le lettere dei nomi di Jim Carrey e Virginia Madsen, sommate tra loro, danno come risultato 23.

(recensione di Massimiliano Micci )


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