bisogno di
entrare in
contatto con
qualcosa di
magico che
ci faccia
evadere dalla
vita reale
e magari ci
mostri il
lato più
oscuro della
nostra stessa
persona. In
realtà
l’obbiettivo
è raggiunto
solo in parte:
la vicenda
risulta prevedibile
quando non
scontata,
veri colpi
di scena non
ce ne sono.
Tutto scorrre
via fra numeri
scritti su
pareti, formule
matematiche
e fogli sparsi.
Inoltre il
regista opera
un montaggio
abbastanza
serrato che,
in più
di un caso,
spezza quei
pochi momenti
di suspance
e facendo
sembrare il
film un gran
videoclip.
Troppo frettoloso
anche il finale.
Jim Carrey,
dal canto
suo, non convince
e per quanto
la sua mimica
aiuti molto
in alcune
sequenze,
non riesce
proprio ad
inquietarci.
Meglio la
prova della
solida Madsen.
Menzione a
parte per
la cupa, e
ottima, fotografia
operata da
Matthew Libatique
(Requiem for
a Dream).
Insomma ci
si aspettava
il vero salto
di qualità
per Schumacher
ma a quanto
pare ciò
non è
avvenuto.
The number
23 è
solo l’ennesimo
thriller psicologico,
tanto in voga
ultimamente,
che poco ci
regala in
termini di
emozioni,
empatia e
intrattenimento.
Ah le lettere
dei nomi di
Jim Carrey
e Virginia
Madsen, sommate
tra loro,
danno come
risultato
23.
(recensione
di Massimiliano
Micci )