THE MILLIONAIRE
 
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recensione the millionaire

 
Nel 1996 esce al cinema "Trainspotting": film amaro, allucinato, rassegnato, bellissimo, che diventa subito un cult e consacra il suo regista, l'inglese Danny Boyle, come uno dei migliori filmaker della sua generazione. Talentuoso, capace di dipingere personaggi veri e raccontare storie senza troppi falsi moralismi, tutte - con le dovute eccezioni - con un quid in più a renderle, per un verso o per l'altro, 'diverse'. A poco più di un anno dal suo ultimo lungometraggio, il visionario "Sunshine", torna sul grande schermo con "The Millionaire", vincitore del premio del pubblico al Festival Internazionale del Cinema di Toronto 2008. Tratto dal romanzo di Vikas Swarup "Le dodici domande" (ed. Guanda), racconta la favola, è lecito definirla così, del giovane Jamal Malik (un bravo Dev Patel, lanciato dalla serie  
 
culto "Skins"), che partecipando allo show televisivo "Chi vuol essere milionario?" e sul punto di affrontare l'ultima domanda che potrebbe incredibilmente fargli vincere 20 milioni di rupie, viene sospettato di aver imbrogliato e arrestato. Perché Jamal è solo il ragazzo che consegna il tè agli addetti del call center, è solo uno dei tanti milioni - proprio come il premio che potrebbe cambiare la sua vita - di ragazzi nati e   recensione the millionaire
vissuti nell'estrema povertà e degrado degli slum di Mumbai (Bombay). Ed è proprio durante l'interrogatorio della polizia, nel ripassare una per una le domande del quiz, grazie all'alternarsi convincente di flashback più o meno lontani nel tempo, che ripercorriamo insieme la storia straordinaria e durissima del ragazzo. Una vita fatta di miserie estreme, di perdite dolorose, di uomini davvero crudeli, di autografi che valgono più della dignità, di biglietti da 100$, di fratelli capaci di odiarsi ma il cui legame non può essere sciolto nemmeno dalle azioni più turpi. Una vita fatta di colori vivaci come i vestiti delle donne, ma anche grigia e sporca come i quintali d'immondizia in cui vivono i bambini della strada. Su tutto, un amore che forse 'era già scritto', come dice il presentatore del programma. Il marchio di fabbrica è riconoscibile, il montaggio sempre serrato, che guarda dentro e oltre i suoi personaggi con una sensibilità del tutto personale, mantiene alto il ritmo nonostante i 120' pieni di durata, ed è ciò che rende il film particolare, godibile, pur non essendo la prova migliore, o più originale, di Boyle. Una favola, certo, e una storia d'amore, ma che regala comunque qualcosa di più.


(di Giulia Mazza )


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