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recensione The
messengers
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Le case infestate
sono da sempre motivo
di ammirazione per
gli amanti del genere
horror. Nella storia
del cinema ne abbiamo
viste molte, più
o meno stereotipate
ma comunque (quasi!)
sempre affascinanti.
“The Messengers”,
il nuovo film dei
fratelli Pang (“The
Eye”, “Bangkok
Dangerous”)
apporta alcune interessanti
variazioni in ambito
“rinnovando
un genere molto sfruttato”,
come dice Sam Raimi
produttore della pellicola.
La famiglia Salomon
si trasferisce nel
North Dakota, lasciandosi
alle spalle la caotica
vita di Chicago. La
vecchia fattoria acquistata
sembra il luogo ideale
dove ritrovare la
stabilità familiare
ed economica perduta.
Qui, nel tranquillo
oscillare dei girasoli,
la sedicenne Jess
(Kristen Stewart)
si rende ben presto
conto di quanto terrificante
sia l’isolamento:
lei e il fratellino
di tre anni, Ben,
iniziano a ve- |
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dere
entità
invisibili
agli
altri.
La tormentata
adolescente
prova
più
volte
a mettere
in guardia
i suoi
cari
ma nessuno
le crede.
Il padre
(Dylan
McDermott)
arriverà
addirittura
a mettere
in dubbio
la sanità
mentale
della
figlia.
Guardando
il film,
salta
subito
agli
occhi
il fatto
che
alcune
fra
le scene
più
raccapriccianti
sono
girate
di giorno
quindi
in condizioni
di luce
“atipiche”
per
un film
horror.
I registi
lavorano
molto
su l'elemento |
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luce e consapevolmente
sperimentano
ambientazioni
profondamente
contrastanti:
gli interni
sono cupi
e claustrofobici
mentre all’esterno
ci sono spazi
aperti e soleggiati.
In “The
Messengers”
ci si può
spaventare
anche in un
campo di girasoli,
all’aperto
e in pieno
giorno. La
luce non porta
più
alla salvezza
ma nasconde
orrori esattamente
come il buio.
In realtà
la strada
intrapresa
dai fratelli
Pang è
già
stata battuta,
soprattutto
dal cinema
orientale:
Il film attinge
qua e la da
parecchie
altre pellicole,
una fra tutte
“Ju-On”
di Takashi
Shimizu, e
non riuscendo
ad imporsi
con una propia
personalità
punta molto
sul lavoro
a regola d’arte.
Le scene sono
ben studiate,
il montaggio
è ottimo
e la fotografia
ineccepibile.
Menzione a
parte per
il sonoro,
minimale e
tremendamente
efficace,
con il perfetto
uso degli
agghiaccianti
silenzi a
cui il cinema
horror orientale
ci ha abituato.
Il risultato
è comunque
una buon thriller
che riesce
ad intrattenere
ed emozionare
per tutti
gli ottantaquattro
minuti. Non
rivoluzionerà
certo il genere
ma lo arricchisce
di alcuni
interessanti
elementi,
necessari
alla metamorfosi
evolutiva
del cinema
horror. Metamorfosi
che vede Danny
e Oxide Pang
impegnati
in prima linea.
(recensione
di Massimiliano
Micci )
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recensione del
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messengers"! |
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