|
|
|
|
recensione the limits of control
|
|
Non è un caso che molte pellicole d'autore manifestino, in maniera esplicita o più o meno celata, la passione del regista per il cinema e le sue conoscenze. Non è un caso, infatti, che The Limits of Control richiami l'apertura de Il disprezzo di Godard, nella scena in cui il protagonista incontra per la prima volta la ragazza nuda, spesso in scena e non solo col suo corpo. Nemmeno il fatto che la trama si nasconda è un
caso, per fare spazio a una riflessione sul senso delle azioni: la più ricorrente è l'aspettare. Un'attesa ciclica ma ogni volta venata della speranza che qualcosa cambi, un incontro dopo l'altro. Il protagonista, infatti, è ingaggiato per una missione, di cui non si sa nulla, da due uomini, di cui non si sa nulla. Le frasi che questi gli rivolgono fungono da filo conduttore degli incontri con diversi personaggi, a |
|
|
|
lui sconosciuti, e da passaggio obbligato perché i vari avventori si accertino della sua identità; ogni incontro è preceduto e seguito da una serie di gesti sempre uguali: la curiosa ma indispensabile ordinazione di due caffè espressi, in due tazze separate; la meditazione, praticata in ogni luogo in cui capita; quei biglietti ingoiati ogni volta, non appena il misterioso personaggio di turno gli abbia consegnato il suo pacchetto di fiammiferi |
|
|
|
e se ne sia andato. E poi ci sono gli incontri veri e propri: conversazioni criptiche, solenni discorsi sul senso della vita o riflessioni personali, il cui senso può variare da orecchio a orecchio. Rimangono impressi anche perché sono le uniche parti dialogate del film, perché sembrano monologhi studiati: come se chi parla si aspettasse che il suo interlocutore impassibile non lo degnerà neanche di un'alzata di sopracciglio. Ci si aspetta che quelle sentenze fungano da indizi verso l'incontro successivo, che però non è altro che una variatio del precedente; finchè l'unico punto di svolta impone di riconsiderare tutto quello che si credeva del protagonista, dall'autocontrollo quasi incrollabile. Consigliato a chi ama il cinema come momento di immersione e riflessione, spettacolo visivo oltre che emotivo; consigliato anche a chi voglia uscire dalla sala con delle domande: Jarmusch non realizza un finale aperto, ma un film aperto, stimolante.
(di Paolo Ottomano)
|
-
Scrivi la tua
recensione del
film "the limits of control"! |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Copyright © Cinema4stelle.it 2003-2008.
Tutti i diritti sono riservati.
|
|
|