THE HUNTING PARTY
 

recensione the hunting party

 
Gli anni novanta sono stati caratterizzati dalla crisi dei Balcani, una guerra che ha insanguinato i territori dell’ex Yugoslavia, riaprendo antiche ferite nel cuore dell’Europa col riproporre atrocità che si sperava archiviate nei libri di storia. Era solo l’inizio tragico di un’epoca di conflitti altrettanto feroci che dall’Iraq all’Afghanistan mettono a repentaglio la pace e la sicurezza del pianeta. Il regista Rchard Shepard con “The Hunting Party” ci riporta a quelle vicende sceneggiando e dirigendo un film tratto dalle esperienze vissute da alcuni giornalisti che si erano messi alla ricerca del criminale di guerra Radovan Karadzic. Il giornalista televisivo Simon Hunt (Richard Gere) e l’operatore Duck (Terrence Howard) che per anni hanno collaborato e vinto numerosi premi per i loro servizi nelle zone di guerra, si ritrovano in territorio bosniaco dopo  
 
cinque anni durante i quali Simon era sparito e dato per morto. Duck si lascia convincere da Simon a seguirlo in un’impresa che potrebbe rivelarsi tanto proficua quanto pericolosa: mettersi alla ricerca della “Volpe”, criminale di guerra ricercato, ma senza troppo impegno, da tutto il mondo. Avvertiti da una scritta che appare sullo schermo e che recita: “Solo i particolari più assurdi di questa storia sono veri",  
ci si dispone per il meglio ma il tentativo di Shepard di raccontare con tono leggero ma efficace la tragedia di quella guerra non ci pare riuscito, il film è poco convincente. Nonostante faccia riferimento a episodi realmente accaduti durante la guerra serbo-bosniaca, “The Hunting Party” ha qualche momento gradevole, scorre velocemente, ma senza lasciare traccia. Se non merita lodi, la prova degli attori non si copre di infamia. Gere e Howard reggono bene i personaggi che interpretano in questa pellicola presentata fuori concorso all’ultima Mostra del Cinema di Venezia e accolta con favore dalla maggioranza della critica. Va lodato comunque l’intento di denunciare l’ipocrisia delle organizzazioni internazionali – come la N.A.T.O. – che fingono di cercare i criminali di guerra i quali invece continuano a vivere indisturbati in luoghi che tutti conoscono e che dei bravi giornalisti, armati solo di caparbia buona volontà, riescono ad avvicinare, sia pure in modo rocambolesco, così come racconta la trama del film.



(recensione di Claudio Montatori )


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