THE FIGHTER - RECENSIONE
 
locandina the fighter
Locandina "The Fighter"

the fighter - recensione

 
In America quando si tratta di produrre dei film su gente che spacca i denti ad altra gente non ci pensano due volte. Sembra una considerazione ‘da bar’ ma a guardar bene la produzione a stelle e strisce è spesso ricca di titoli che puntano i riflettori su combattimenti a suon di pugni e calci. Ce n’è per tutti i gusti: dall’adolescenziale “Karate Kid” al sudaticcio “Rocky” al melenso “Cinderella man”. Negli ultimi anni, però, si è notato un notevole sforzo da parte dei cineasti d’oltreoceano nell’indagare le piaghe oscure di pugili e lottatori; non si possono non citare almeno il Leone d’Oro “The wrestler” di Aronofsky e l’inarrivabile “Million dollar baby” di Eastwood. Ecco perché non ci si aspettava davvero che questo “The fighter” fosse una glorificazione della violenza. La box, in questo caso, non ha nulla dei valori di disciplina e di dedizione  
 
che talvolta sono riusciti ad emergere da alcune pellicole, ma diventa, al solito, strumento di riscatto sociale e, in ultima istanza, esaltazione della sopraffazione. D'altra parte il film sa costruire così bene la tensione anche lo spettatore più ghandiano non può fare a meno di godere della sconfitta dell'avversario e degli schizzi di sangue che formano un funereo peristilio alle soglie della vittoria. A dire la verità   recensione the fighter
non solo la storia è coinvolgente e accattivante, ma anche la macchina da presa, malferma e ostinatamente vicina ai corpi degli attori, cattura gli occhi in maniera inusitatamente efficace. In breve la vicenda ruota attorno al pugile Micky (Mark Wahlberg), che vive in un sobborgo americano degradato del Massachussets, con una madre mezza alcolizzata (Melissa Leo) e un fratello tossico (Christian Bale), che gli fanno rispettivamente da manager e da preparatore atletico. Dopo un'inaspettata e dura sconfitta, Micky si rende conto di doversi liberare degli ingombranti parenti se vuole eccellere nel suo campo; e perviene a questa consapevolezza anche grazie a Charlene (Amy Adams), ex-universitaria, ora barista, di cui si innamora. Ma la decisione non è così semplice: gratitudine, affetto e devozione sono sentimenti che è difficile mettere da parte. Alla fine, la scelta è una questione intima e a tratti sofferta che va verso dimensioni altre rispetto alla pura box. Quello che, però, non si mette mai in discussione è l'esaltazione dell'eroismo del più forte, come se indossare i guantoni fosse la quintessenza dell'essere uomo. È questa adesione cieca ai disvalori della società americana a rovinare tutto il film. “The fighter” sarebbe potuto essere davvero un'ottima opera, perché il soggetto – tratto da una storia vera – abbonda di spunti interessanti e alcuni attori offrono delle interpretazioni da standing ovation, in primis Christian Bale, seguito a poca distanza da Melissa Leo. Efficace il montaggio e, più specificatamente, le inserzioni metadiscorsive, come ad esempio il documentario sul fratello-allenatore che si trasforma in un film sul degrado della tossicodipendenza. Film caldamente sconsigliato ai non violenti e agli anti americanisti, ma allo stesso tempo potenzialmente appagante per coloro che vanno al cinema soprattutto per vedere grandi performance attoriali.


(recensione di Marco Santello)


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