THE FAST AND THE FURIOUS: TOKYO DRIFT
 

the fast and the furious recensione

 
Justin Lin, il regista della terza puntata della saga inaugurata da Vin Diesel (qui in un cameo brevissimo nel finale) è uno strano esordiente. Trentatre anni, quest’anno ha dalla sua questo difficile secondo sequel e Annapolis, che dopo questa pellicola certo non siamo ansiosi di vedere. Ma, francamente, non è esatto definire "The fast and the furious: Tokyo Drift" un seguito, quanto spin-off. I nostri corridori, infatti, sono tutti cambiati, ringiovaniti e diventati con gli occhi a mandorla. Sembra più una saga parallela destinata all’estremo oriente, Giappone in testa, piuttosto che un tentativo, nemmeno accennato, di portare avanti uno straccio di continuità narrativa. Sean Boswell (Lucas Black) è un outsider e un corridore su strada talentuoso ma impulsivo. Le corse, fuga temporanea da una vita familiare infelice e dal  
 
mondo superficiale che lo circonda, lo hanno messo in cattiva luce agli occhi delle autorità locali. Per evitare la galera viene mandato a vivere con il suo burbero ed estraneo padre, un militare di carriera di base a Tokyo. Diventato ufficialmente un gaijin, Sean si sente ancora più escluso in un paese straniero con usanze diverse e codici d’onore a lui estranei. Tuttavia non passa molto tempo perché trovi qualcosa da  
fare: un amico americano, Twinkie (Bob Wow), lo introduce nel mondo nascosto delle corse automobilistiche in drift style. Sean, abituato al classico drag racing, scopre così un nuovo universo: una tipo di corsa automobilistica che brucia le gomme, con un entusiasmante equilibrio tra accelerazioni e derapate in un percorso da infarto pieno di curve a gomito e tornanti. Alla sua prima corsa, l’ignaro Sean sfida D.K., il “Drift King” (Brian Tee), un campione locale legato tra l’altro alla mafia del crimine giapponese, la Yakuza. Sean perde e il prezzo da pagare per la sconfitta è molto alto: viene costretto a estinguere il debito lavorando sotto lo stretto controllo di Han (Sung Kang). Han dà presto a Sean il benvenuto nella sua famiglia di spostati e lo introduce alle vere leggi del drifting. Quando però Sean si innamora della fidanzata di D.K., Neela (la bella esordiente Nathalie Kelley), inizia un’esplosiva serie di eventi che culminerà con un confronto finale ad alto rischio. Trama straordinariamente banale, a cui una scrittura di scarsa qualità- anche se con sporadiche battute divertenti e altre specifiche di sicuro impatto verso gli appassionati del genere- e una mediocre capacità interpretativa non regalano un miglioramento sostanziale. Ottima la colonna sonora che impedisce al pubblico di addormentarsi, così come le sgommate e le ottime, anche se meno fantasiose e selvagge delle precedenti, scene di corsa. Troppo poco per competere con l’ottimo primo capitolo ("Fast and Furious") e il dignitoso secondo ("2 fast and furious"). "The fast and the furious: Tokyo Drift" è un pessimo e per nulla riuscito mix tra "Gioventù bruciata" e "Lost in translation". Storpia e banalizza la trama del primo e mutua dal secondo quella sottile arroganza e malcelato razzismo verso la cultura giapponese. Tanto da rendere simpatici degli yakuza che, in quanto mafiosi, sono più vicini alla cultura occidentale. Nessuno qui è un samurai, piuttosto tutti sono ronin senza dignità. Se proprio non resistete, recuperatelo in dvd. Ho l’impressione che il meglio di questo film saranno gli extra dedicati alle scene di gara, drift (in soldoni guidare sgommando in controsterzo) e agli effetti speciali. Ridateci Vin Diesel.

(di Boris Sollazzo )

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