THE COVENANT
 

the covenant recensione

 
Non c’è che dire, quando si vuole strafare si prendono delle cantonate memorabili. Avendo a disposizione denaro a sufficienza, un cast tecnico il cui elenco è chilometrico, una storia che si presterebbe a regalare emozioni come succede quando si assiste a un racconto del mistero ben fatto, capace di comunicare le paure e le suggestioni che da sempre il paranormale è capace di offrire, avendo tutto questo e rovinarlo con effetti speciali peraltro stravisti e superati, beh, ci vuole del talento. E questo tipo di talento non è mancato in quest’occasione al regista Renny Harlin, che firma una pellicola francamente insopportabile, “The Covenant”, a partire dai titoli di testa, accompagnati da un’assordante quanto banale musica rock (rockettari di tutto il mondo unitevi!) che dovrebbe introdurre lo spettatore a una storia
 
 
piena di azioni adrenaliniche raccontando ciò che avviene in un college del New England, la Spencer Academy, frequentato dai rampolli delle famiglie-bene della regione. Quattro di loro sono dotati di poteri soprannaturali ereditati dai loro antenati che nel 1600, ai tempi delle streghe di Salem, abitavano nella contea di Ipswich. I quattro, a parte qualche intemperanza, riescono a gestire i loro poteri con discrezione, in modo  
che il secolare segreto non venga svelato. Ma la morte misteriosa di uno studente fa temere che qualche malvagio voglia usare le capacità di cui è dotato a fini personali di egemonia e senza farsi troppi scrupoli. Come si vede la trama di per sé, anche se non proprio originale, offrirebbe materiale per una narrazione ricca del fascino dell’occulto, in grado di indurre quella paura catartica che caratterizza i migliori film dell’orrore. Vengono in mente gli horror degli anni 50, film girati con quattro soldi e nel giardino di casa, con effetti speciali artigianali, che, nei prodotti migliori, stupivano per un ingrediente fondamentale del tutto assente in “The Covenant”: il mistero. Qui, pure con un dispendio di energie e dollari di tutto rispetto, la narrazione è piatta, senza sorprese, scontata. A meno che non si voglia tremare per l’ennesima citazione hitchcockiana della donna sotto la doccia, o per le urla del cattivo di turno, né meravigliarsi per gli effetti speciali che sembrano tratti da uno spot pubblicitario delle automobili. Peccato.



(recensione di Claudio Montatori )

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