THANK YOU FOR SMOKING
 

thank you for smoking recensione

 
Grande entusiasmo per questo film al festival di Toronto e al Sundance. E pari entusiasmo da parte della critica anglosassone. In effetti molti sono i lati positivi di questa opera prima di Jason Reitman (figlio d’arte, il padre è Ivan Reitman, famoso per “Ghostbusters”). Ad iniziare dagli splendidi titoli di testa (modellati sulle marche più famose di sigarette), al ritmo brillante ma non deleteriamente vorticoso, all’ottima prestazione dell’intero cast (Aaron Eckart è mirabile nel rendere accattivante un personaggio odioso, in bilico tra il suo ruolo di difensore ufficiale di questioni moralmente discutibili e il tentativo di essere un modello per il figlio), alle continue argute e spiritose battute, alle situazioni simpaticamente paradossali che ci vengono presentate. Un ironico (e feroce) ritratto della società contemporanea dove il dio da-  
 
naro la fa da padrone; dove l’apparenza è tutto; dove non conta la verità ma il potere di convinzione e il modo persuasivo in cui i fatti sono presentati; dove una buona dialettica può giustificare qualsiasi azione; dove la realtà è manovrabile e falsificabile a seconda degli interessi in gioco. Una versione comica di “Insider” (lo splendido e drammatico atto d’accusa del 2000 contro le multinazionali del  
tabacco), una versione particolare e cinica del sogno americano, un lavoro al contempo divertente e originale che ci illumina su come vanno le cose nel mondo, e in tutti i campi, dall’industria alla politica (in una scena è inquadrato un cartello che dice più o meno “abbiamo il miglior governo che possiamo pagare”). Non è facile unire umorismo e intelligenza, “Thank you for smoking” vi riesce pienamente. Nonostante le apparenze, l’opera di Reitman (tratta dal romanzo satirico di Christopher Buckley del 1994) non è propriamente una pellicola sulle sigarette (non si vede mai qualcuno che fuma…) quanto una molteplice sfaccettata denuncia: della falsità delle corporazioni varie ma anche delle crociate isteriche che terrorizzano e impediscono di ragionare con la propria testa. Un appello alla libertà di scelta, questo il vero messaggio del film.

(di Leo Pellegrini )

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