SUPERHERO
 
locandina Superhero

recensione: Superhero

 
Genere parodistico-demenziale incentrato sul mondo dei supereroi. Come tutte le cose, le soluzioni commerciali più semplici sono le ultime a venire in mente! Così solo oggi abbiamo modo di vedere il perfetto sposalizio tra due generi che sono accomunati, almeno in parte, da uno stesso target cioè i giovani maschi dai 10 ai 18 anni. In parte ovviamente l’operazione era stata già sperimentata in altre pellicole come “Epic Movie”, ma questa è la prima volta che la sovrapposizione pura di target tra i due filoni viene sfruttata fino in fondo. Eppure questa scoperta dell’acqua calda dei produttori David Zucker e Robert D. Weiss non ha raggiunto i risultati sperati in Nord America, profilandosi come inaspettato flop fin dai primi giorni di proiezione. Aggiungiamo che è probabile che anche in Europa i risultati saranno sotto le  
 
aspettative. Perché? Che cosa è successo? Diciamo che anche il pubblico che cerca il disimpegno più totale al cinema si sta cominciando a stancare della mancanza di idee, della ripetitività e della scarsa capacità di rinnovarsi di questi spoof film. “Superhero” ne è l’ennesima dimostrazione. La storia di Rick Ricker - ragazzo di periferia innamorato della dirimpettaia, che diventa Uomo Libellula e deve   recensione superhero
combattere contro un cattivo che uccide le persone succhiando loro l’energia vitale – non convince. Non tanto per la trama, che ovviamente ricalca, con le dovute variazioni sul tema, “Spiderman”, “Batman begins”, “Superman returns” e la saga degli “X-men”, ma per la fiacchezza delle battute, il dilettantismo della costruzione registica, il procedere per tentativi anziché per accurata selezione delle gag. Le risate mancate sono talmente tante che si fa fatica a contarle. Anche per i più accaniti amanti del genere, perciò, “Superhero” sarà una delusione. D’altronde il fatto che questo sia un prodotto a basso budget non giustifica certi errori madornali, come pensare che dei ragazzini possano capire delle battute sui titoli azionari Enron, come se fossimo in una delle “pallottole spuntate”: non c’è cosa peggiore del silenzio in sala dopo una sequenza comica e purtroppo questo film colleziona tante di queste scene imbarazzanti. Dispiace veramente notarlo, perché lo statuto del film demenziale, che fa del pecoreccio il suo segno distintivo, è più che giustificabile e in generale non malato. Anzi la corporeità incontinente, la sessualità sciocca e impudica e la totale imbecillità della violenza da cartone animato sono la rappresentazione sana dello sviluppo psicosessuale di adolescenti e preadolescenti, soprattutto di sesso maschile. E non è escluso che il regista di “Superhero” Craig Mazin, laureato con lode in psicologia a Princeton, sia consapevole di questi meccanismi di replica/conferma prodotti da questo genere cinematografico. Che lo sappia o no, ci ha comunque elargito un film deludente, dove volgarità, vomito e parolacce non riescono a far ridere più neanche i ragazzini. Forse l’unica scena veramente riuscita è la dichiarazione d’amore del protagonista alla sua lei, con le flatulenze della nonna a far da sottofondo. Giusto per farci ricordare quanto a volte i sentimenti finti e costruiti di certi film hollywoodiani siano a volte ben più volgari di un peto rumoroso. Per concludere, val la pena di citare la gradita presenza di Lesile Nielsen, l’attore canadese icona vivente del genere. Insignificante invece la comparsata di Pamela Anderson.

(di Marco Santello)


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