STILL LIFE
 

still life recensione

 
Premiato a sorpresa all’ultima Rassegna Veneziana, Sanxia Haoren/Still life di Jia Zhangke, raggiunge il circuito cinematografico ufficiale. Sorta di mescolanza, non sempre amalgamata e riuscita, tra documentario e finzione unita a folli tocchi surreali, “Still Life” è ambientato nella zona delle Tre Gole del fiume Azzurro (lo Yangtze) che ben presto subirà uno stravolgimento irrimediabile a causa della costruzione di un’enorme diga. Il capital-liberismo avanza e anche la Cina si adegua energeticamente. Saranno così spazzati villaggi, territori e sradicate vite in un colpo solo, inglobati sotto a milioni di litri di acqua. Intrecciando umane vicende sottili e scarne – un minatore torna nella zona a cercare la moglie e la figlia e un’infermiera a recuperare il marito ingegnere che lavorò alla diga – mostra il macro cambiamento che il monolite  
 
acquoso inizia a creare sin dal primo microscavo, erodendo il fitto reticolato di rapporti umani e sociali. Da qui la lettura possibile della reale disgregazione e delle alterazioni che l’apertura al mondo esterno (non necessariamente quello occidentale) ha ingenerato nell’apparente staticità del mondo cinese – non solo quello naif rurale che conosciamo attraverso certo cinema ma bensì quello universale di ogni società antro-  
pomorfa, da sempre fragile oggetto delle correnti. Pellicola statica e volutamente ferma per far da contraltare agli inserti alieni, opera che richiede concentrazione e collaborazione dalla platea (talvolta esasperata dalla lentezza), estetica digitale, millenario e attento sguardo arguto sulle cose umane.

(recensione di Daniela Losini )

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