STELLA
 
locandina stella

recensione stella

 
Il terzo lungometraggio di Sylvie Verheyde, oltre che un film ricco, pieno e ben equilibrato, è un'autobiografia. Di un tipo difficile da scrivere - e leggere - perché si da' per immagini, si costruisce su un'architettura di scene, musiche, battute. in un montaggio cinematografico di volti altrui, estranei. Ma se volessimo identificare la creatura con il creatore, 'Stella' ne sarebbe un ottimo esempio: pellicola capace di restituire più di quanto la regista vi abbia messo dentro, come se le intime emozioni di parigina adolescente, regalate al personaggio di Stella (Léora Barbara) dalla Verheyde, si siano in esso amplificate, chiarite e siano rifluite come risacca a colpire il pubblico, lasciandolo piacevolmente sorpreso. Che altro dire? E' molto difficile giudicare una composizione quando questa è un intreccio armonico di accordi: da dove  
 
iniziare? Svelarne la trama toglierebbe la magia della curiosità, difficilmente si coglierebbe il piccolo dramma di essere fulcro di due realtà entrambe allettanti, ma doverne scegliere solamente una: crescere, quando i propri modelli, i propri angeli custodi, hanno deciso di fermarsi a metà. La voce della protagonista narra fuoricampo gli eventi, al presente, e quelli possono susseguirsi disordinati come disordinata   recensione stella
è la mente di un bambino. Nella stessa misura in cui questo scarta cambiando repentinamente fuoco d'attenzione, i segmenti si snodano apparentemente caotici, esaurendosi come ricordi. Proprio come la quieta confusione che caratterizza la vita di Stella: quella del bar, degli sgabelli gremiti di operai gonfi d'alcol e di fumo, di una madre (Karol Rocher) e un padre (Benjamin Biolay) scostanti e disattenti, apparentemente duri e glaciali ma inevitabilmente decadenti e fragili. Un luogo dove la macchina da presa è a mano e sobbalza e vibra come il cuore della piccola. Nella scuola invece, l'edificio delle opportunità, delle occasioni che le permetteranno di colmarsi di una vera amicizia e dei dolci frutti della letteratura, le scene sono fisse, la macchina da presa quasi non si muove: è un mondo di regole alle quali Stella non è abituata, fatto di adulti altrettanto lontani. Un mondo a lei precluso, che parla una lingua diversa, dove è facile rendersi trasparenti quando non si riesce a essere ascoltati. I nodi da sciogliere sono nel mezzo, tra un piatto e l'altro della bilancia si forma il docile personaggio. Non si deve però cadere nell'errore di aspettarsi un film colmo di patetica drammaticità. E' un racconto di bambini, narrato attraverso i loro sguardi ilari, divertiti, di cinica innocenza. Ciò che di marcio li circonda può essere velocemente metabolizzato, superato, può genuinamente stimolare un'emozione. Stella è un'eroina che trasmette con semplicità e immediatezza i propri stati d'animo. E non bisogna dimenticare che l'attrice, Léora Barbara, è al suo esordio. Un'ultima riga merita il personaggio di Alain-Bernard (Guillaume Depardieu), l'amico adulto di Stella, il primo che avverte il cambiamento della piccola e che, a lei incomprensibilmente, si prepara a salutarla malinconicamente. L'attore, scomparso di recente, croce del più famoso padre, incarna una strada chiusa, priva di sbocchi, di occasioni. Entità morente, ma sensibile abbastanza da lasciar volar via la piccola Stella.



(di Marco Trani )


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