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Kevin McDonald (L'ultimo re di Scozia e Un giorno a settembre) dirige con mano solida e con un buon senso del ritmo questo thriller politico-giornalistico, serrato e tradizionale. Si potrebbe storcere il naso leggendo la parola "tradizionale", che potrebbe nascondere, come a volte fa, gravi difetti come una scarsa originalità, pigrizia intellettuale di chi si affida al mestiere di altri per avere una vita più comoda, promettendo 10 e offrendo in realtà 5. Ma non è questo il caso, anzi. State of play è un film contemporaneo ambientato nei due ambienti più moderni: la politica e il giornalismo, costretti da sempre a reinventarsi e a attualizzarsi sempre di più. La carta stampata è ormai in crisi, sul punto di essere affiancata e superata velocemente da internet e dal fenomeno dei blog. Il computer e la |
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rete sembrano ormai gli imprescindibili strumenti di lavoro per il giornalista, chiuso nel suo ufficio a scrivere. Cal McAffrey è invece un giornalista "tradizionale": come avviene un fatto, eccolo subito sul posto, armato di carta e penna; è un professionista alla vecchia maniera, che si appassiona alle storie che segue e ricerca in ogni momento la verità dei fatti. E fa questo mentre ormai la televisione e internet sono già sulla |
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notizia prima ancora che lui abbia avuto il tempo di aprire il blocchetto. Ma a lui non interessa arrivare primo, quello che importa è sapere perché le cose avvengono. In questa sua testarda ricerca della verità, McAffrey coinvolge chiunque intorno a sé, dal suo direttore (che invece deve lottare costantemente con l'insorgere del nuovo) alla sua giovane collaboratrice blogger. Il tutto gira intorno a un complotto politico nel quale è invischiato il miglior amico di McAffrey, il giovane deputato di sicuro avvenire Stephen Collins. Politica e giornalismo si fronteggiano costantemente e si sfruttano a vicenda nella città che più di ogni altra sembra creata apposta per questo: Washington D.C. (riferimenti espliciti a quel capolavoro sul giornalismo che è Tutti gli uomini del Presidente non ce ne sono, ma l'Hotel Watergate è un simbolo che non si può ignorare). Ispirato all'omonima serie tv della BBC, il film risente molto del lavoro di "compressione" nel passaggio da miniserie e lungometraggio. L'intreccio è estremamente complesso e articolato, con molti colpi di scena e molti finali aperti fino all'ultima rivelazione e si avverte sempre la passione e l'impegno del regista. Il cast è di quelli che meritano la visione, a prescindere dal film in sé: Russel Crowe è perfetto nella parte dell'ultimo dei reporter e Ben Affleck non gli è da meno, nel ruolo del giovane politico rampante. Hellen Mirren è il direttore del Washington Globe e qualsiasi giudizio su di lei non renderebbe che la metà del suo immenso talento. Splendidi i titoli di coda. Si consiglia vivamente la visione del film in lingua originale.
(di Chiara Cecchini)
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