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Prendete "Il Diavolo veste Prada" e sostituite Anne Hathaway con il divertentissimo protagonista di due cult come "L'alba dei morti dementi" e "Hot Fuzz" in versione pesce fuor d'acqua; poi sostituite Meryl Streep con Jeff Bridges, scambiate il mondo della moda con il mondo del cinema, condite il tutto con della buona ironia che sfocia nel demenziale... ed ecco, a conti fatti vi ritroverete in mano "Star System". Ispirato al libro autobiografico di Toby Young (ironica e pungente narrazione delle vicende del giornalista britannico approdato alla redazione di Vanity Fair) il titolo originale, tradotto letteralmente, sarebbe: Come perdere amici e alienare la gente; azzeccatissimo, visto che il protagonista, Toby Young (Simon Pegg), è un giovane giornalista inglese, troppo imbarazzante, maldestro e irriverente per riuscire a far parte di |
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quel patinato ed ipocrita mondo dello spettacolo, che sogna fin da bambino. Ma un giorno squilla il telefono, proprio quando la redazione della sua rivista cinematografica indipendente sembrava sul punto di esplodere, e dall'altra parte della cornetta c'è niente meno che Clayton Hardings (un mitico Jeff Bridges), il mega-direttore di "Sharps", la rivista più prestigiosa di New York, che gli offre un posto |
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nella sua redazione.
Da quì il meglio ed il peggio del film. Tante risate, tra gag esilaranti e sopra le righe, in cui Simon Pegg dà il meglio, e gustosissimi e sottili rimandi, per i cinefili del caso, a film come "Il grande Lebowski", "L'Appartamento" e, più esplicitamente, "La dolce vita". La trama però è alquanto banale: ancora una volta c'è il grande capo dalla corazza di ghiaccio ma dal cuore morbido, il rivale presuntuoso e scorretto, l'attricetta del momento (un'autoironica Megan Fox, divertentissima nel finto trailer del biopic su Madre Teresa di Calcutta) e la ragazza della porta accanto (una bravissima, come al solito, Kirsten Dunst). Ancora una volta ci viene raccontata la storia di un sognatore che anela al seducente mondo dello spettacolo, per poi scoprire che i compromessi che portano al successo non valgono niente in confronto all'amore. Eppure, in fin dei conti è un film gradevole, che forse poteva dare di più - anche se appare quasi voluta la scelta di renderlo meno impegnato di quanto gli autori sembrano capaci di fare se solo volessero- ma che, proprio come farà in parte il protagonista, scende a compromessi ed unisce il delirante umorismo della commedia inglese ai canoni dell'happy-ending hollywoddiana.
(di Rosa Agusta)
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