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Entusiasti della salda
mano registica di
Sam Raimi, giungiamo
al terzo episodio
di Spiderman (alias
Peter Parker/Tobey
Maguire che da sempre
sosteniamo esserne
la perfetta incarnazione)
tenendo conto delle
promesse mantenute
cui siamo abituati.
Gran mestiere e capacità,
controllo della sceneggiatura,
cura dei dettagli,
fantasiose incursioni
nei generi (dall'horror
alla commedia) sempre
corredate di smagliante
freschezza, inventiva
e humor. Sin d'ora.
Il nostro amichevole
Spiderman di quartiere
è alle prese
col sedimentoso e
colossale Sandman/Flint
Marko (il monoblocco
Thomas Haden Church,
ah quella maglietta
in stile Freddy Kruger
ecologico ma è
così abbigliato
anche nel fumetto
originale) qui trasformato
all'occorrenza nell’opportuno
grimaldello per scatenare
l'aggressività
di |
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Spiderman
e renderlo
ospitale
al parassita
alieno
simbionte.
Tana
per
lui:
adorabile,
sublime
antipatico
tracotante
sia
nei
panni
–
meglio,
tuta
–
del
nero
alter
ego
di Spidey
sia
in quelli
dentiferi
di Eddie
Brock/Topher
Grace.
Appaiono:
l’attore
feticcio
Bruce
Campbell
versione
maitre,
l’indimenticata
vedova
nera
degli
anni
ottanta
Theresa
Russel
(la
moglie
di Sandman),
la garrula
e marginale
Gwen
Stacy
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(Bryce Dallas
Howard), Mary
Jane (Kirsten
Dunst) dotata
di favella
più
petulante
del solito
e il livoroso
amico Harry/James
Franco. Rismaltato
e vitaminizzato
di rivalsa,
svolazza a
tutto spiano
nei cieli
di New York
abbigliato
stile ninja
e col piglio
che vorrebbe
essere crudele
ma risulta
bonario. Il
nostro amichevole
Sam Raimi
from Hollywoodland,
sdrucciola
sul terreno
della moralina
del perdono
facile che
salva da ogni
punizione/fisima,
inciampando
nella tagliola
dell’eccesso.
Alcuni passaggi
sono scuse
per cavarsi
di torno l’impiccio
della trama
e non svolte
plausibili
(né
tantomeno
necessarie),
solo lungaggini
che fanno
comodo al
dilatarsi
dei tempi.
Citiamo per
tutte l'improbabile
proclama dell’altrettanto
improbabile
maggiordomo
di casa Osborn
che avalla
la verità
del buon Peter
sulla morte
di Green Goblin/Willem
Dafoe. La
sensazione
generale è
di mancata
coesione e
compattezza.
Prese come
compartimenti
a sè
stanti alcune
scene sono
spettacolari,
grandiose,
divertenti,
ironiche:
dalla drammatica
sequenza della
nascita dell'Uomo
Sabbia, alla
comparsa del
venerabile
Venom, dalla
versione (migliorata?)
di Peter senza
l'ossessione
di far la
cosa giusta
(con deriva
estetica discutibilissima:
la frangetta),
sino agli
scontri a
corpo a corpo.
Non ci barricheremo
spulciando
noiosissime
pignolerie
da maestrini,
ma più
cura all'insieme,
una revisione
al montaggio
per ritmare
il magma e
meno caciara
avrebbero
spedito il
terzo episodio
lassù,
dove piroetta
l'emozione
e stanno appollaiati
sornioni i
primi due
capitoli.
E di diritto,
Venom.
(recensione
di Daniela
Losini )
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3"! |
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