SOUL KITCHEN
 
locandina soul kitchen

recensione soul kitchen

 
Dopo il brillante esordio nel 2004 con "La sposa turca", film duro e splendidamente lacerante, il promettente regista turco Fatih Akim ha sempre prodotto buoni risultati: dopo questo primo lungometraggio-capolavoro e il documentario "Crossing the bridge - the sound of Istanbul", è stata la volta tre anni dopo di "Ai confini del paradiso", anche questa una pellicola drammatica che, pur essendo un gradino sotto rispetto al suo primo film, si rivelò comunque un'ottima prova nel panorama del cinema tedesco. Con la sua ultima fatica però, Akim spiazza tutti: "Soul Kitchen", questo il titolo, è un concentrato di Vita allo stato puro. Colori, suoni, legami familiari indissolubili e valori imprescindibili come l'amore, l'amicizia e la lealtà sono gli ingredienti principali del "menu" proposto dal ristorante che dà il nome al film.  
 
Ricavato da un ex magazzino nel cuore di Amburgo, il Soul Kitchen è dove si catalizzano le avventure entusiasmanti, caotiche e coinvolgenti di Zinos, il giovane proprietario, e con lui chi - volente o nolente - gli ruota attorno. È una prova insolitamente allegra e divertente per un regista che fino a questo momento ha sempre trattato tematiche difficili, rivelando un approccio originale senza mai   recensione soul kitchen
cadere nello scontato. Ci riesce anche in questa sua prima commedia: i nuclei narrativi fondamentali sono semplici, molto comuni e soprattutto lineari. Ma a rendere la pellicola qualcosa di diverso è innanzitutto il riuscire a mantenere un ritmo sempre alto grazie alla musica, elemento fondamentale di ogni film del regista, unito a un'interpretazione diversa e speciale che si dà al concetto di casa: casa che è patria, famiglia, fratelli nonostante tutto, amori (pre)destinati a sfilacciarsi, e quelli invece frutto di impensabili coincidenze. Come il nome del ristorante, che gioca sul doppio significato, l'uno legato al genere di musica ascoltata e l'altro, evidente ma comunque più sottile, all'idea di una "cucina dell'anima": dove la nostra parte più profonda viene curata dalle ferite del mondo circostante. Oltretutto, una nota di merito è solo per gli attori, dal protagonista Adam Bousdoukos all'eccentrico chef Birl Ünel ("La sposa turca"), al fratello del protagonista Moritz Bleibtreu ("Lola Corre", "Le particelle elementari", "La banda Baader Meinhof"), per finire con l'esordiente Anna Bederke nei panni della cameriera Lucia, tutti bravissimi e perfetti nelle loro interpretazioni.

(di Giulia Mazza )


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