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recensione sotto
le bombe
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Luglio 2006. In Libano,
a seguito di un’azione
d’attacco Hezbollah,
scoppia quella che
viene definita la
Seconda guerra Israelo
– libanese,
dopo quella del 1978.
Storia documentata.
Trentatrè giorni
di bombardamenti israeliani
lasciano il Libano
sommerso di macerie
e morti, per lo più
civili: donne, bambini,
intere famiglie decimate
e disperse, un numero
spaventoso di profughi,
tra gli 800 mila e
il milione. In questo
scenario il regista
Philipe Aractingi
gira “Sotto
le bombe”, film
dalla doppia anima
fra documentario e
invenzione. Zeina
(Nada Abou Farhat),
libanese trasferitasi
a Dubai, a guerra
finita torna in patria
per cercare il figlioletto
Karim, mandato ospite
dalla sorella a Kermet
Selem, piccolo villaggio
nel sud del Libano,
una delle zone più
devastate dal conflitto
(e massicciamente
minata), per allontanarlo
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dai
suoi
problemi
coniugali.
Passando
per
la Turchia,
la donna
si troverà
in Libano
senza
la certezza
di poter
arrivare
a destinazione,
per
i focolai
di lotta
ancora
accessi
e i
numerosi
danneggiamenti
provocati
alla
rete
stradale.
Un tassista
temerario,
Tony,
(Georges
Khabbaz)
accetta
di accompagnarla
dietro
lauto
compenso,
malgrado
i rischi.
La strada
è
lunga,
disseminata
di dolore,
sperdimento,
disperazione
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enorme distanza
fra due esseri
umani, Zeina
e Tony, che
di fatto non
hanno nulla
in comune.
Senza mostrare
un solo cadavere,
né
una goccia
di sangue,
Aractingi
con “Sotto
le bombe”,
è capace
di entrare
nelle viscere
della guerra,
mostrandone
attraverso
le storie,
i volti, i
ritmi di vita
assurdamente
assecondati
alla distruzione,
un orrore
quotidiano
sconosciuto
in occidente
fatto di perdite
inenarrabili
e ferite inguaribili,
ma anche di
delicata dignità.
Con un ritmo
sostenuto,
e personaggi
che in molti
casi interpretano
se stessi,
il film si
addentra con
disarmante
semplicità
nel viaggio
umano del
dolore e dell’amore
materno, l’unico
che possa
far dimenticare
pericoli,
odio e ragion
di stato.
Un percorso
che si trasforma
anche nell’appianamento
dei piccoli
conflitti
fra umani,
estrapolandone
l’innocenza
ancora intatta
e sempre recuperabile
nel calore
della conoscenza.
Philipe Aractingi,
che dichiara
di essersi
dissociato
da un’operazione
di schieramento
politico,
ammette tuttavia
di aver scelto
un punto di
vista, quello
degli innocenti
che pagano
sempre e ovunque,
loro malgrado,
il prezzo
di ogni folle
guerra. La
fiamma dell’innocenza
crepita sottile,
in questo
piccolo gioiello
di cinematografia
“sociale”,
che con la
prima sequenza
regala a noi
occidentali,
bagliori di
una paura
che, forse,
per nostra
fortuna non
conosceremo
mai. Da non
perdere.
(recensione
di Paola
Simonetti
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film "sotto
le bombe"! |
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