piano piano cedono il posto a segreti inconfessabili, relazioni pericolose e sottotrame destinate a venire alla luce solo al termine. Carlo ed Enrico Vanzina, anche nel genere thriller, hanno coniato un proprio stile, che potrà non piacere, ma che è ben riconoscibile ed identificabile in poco tempo. Stavolta però, sembrano venir meno alcuni tratti distintivi dello stesso: permangono le immagini iperpatinate, ma non ci troviamo più di fronte a protagonisti maschili monolitici e bellissimi. Montanari tratteggia un ispettore assolutamente “buono” ma ben ancorato alla realtà: non è il poliziotto delle fiction americane a cui ci avevano abituati i Vanzina con i precedenti Coccioletti (
Mystere ) e Degan (
Squillo ). Grant dipinge uno stilista di fama mondiale, padre-padrone delle proprie modelle, uomo solo contro tutto e tutti. Anche Milano, a differenza di
Sotto il vestito niente e
Squillo , è diversa. Non è più ripresa come la capitale della finanza, della moda, del lusso e del vizio. Ha cambiato faccia. È diventata moralista, ma cela segreti inconfessabili, proprio come quelli dello stilista Marinoni. Oltre ai protagonisti su-indicati, i Vanzina compiono alcune scelte di cast tanto bizzarre quanto azzeccate. Difatti troviamo: il regista di thriller come
Il profumo della signora in nero e
Pensione paura , Francesco Barilli, nei panni del commissario milanese; il doppiatore di Richard Gere, Mario Cordova, in quelli di Max Liverani, socio di Marinoni; il caratterista napoletano già attore per Brescia, Massi e Ippolito, Ernesto Mahieux, in quelli del giornalista di moda Viganotti. I Vanzina, quando si cimentano col giallo, si comportano come dei topi di cineteca (soprattutto Carlo) e, di conseguenza, si dilettano a riproporre, nelle loro opere, temi, situazioni e inquadrature che li hanno colpiti guardando le pellicole di Hitchcock, Preminger, Argento. E loro stessi sono i primi a non fare mistero di certi “omaggi”. I film dei Vanzina sono infatti sempre zeppi di citazioni e rimandi, espliciti e non, al mondo della celluloide: Riassumendo: contaminazione del giallo col melò, scelte snobistiche, citazioni, potremmo dire che i Vanzina fanno del loro cinema una sorta d'ipertesto per immagini, manca solo la possibilità di poterci cliccare sopra come in un sito web ed essere rimandati direttamente agli altri film, autori, mondi. I l cinema di genere, quello che viene definito di serie B, e il cinema dei maestri (siano essi De Palma, Hitchcock, Risi o Monicelli) si fondono perfettamente nelle opere dei Vanzina, tanto che i loro film possono essere catalogati come creazioni per nulla impersonali. Chi fosse sprovvisto di determinati
background per raggiungere le fonti d'origine delle tante citazioni seppellite, perderebbe buona parte della fruizione che un film (e un autore) del genere richiede. In questo caso
Sotto il vestito niente – L'ultima sfilata rimarrebbe solo una storia ben raccontata e stupendamente visualizzata per immagini, plastiche e suadenti. Da qui ad accusare il film di essere manierista il passo è breve, ed è ciò che hanno fatto quelli a cui sono sfuggiti i numerosi rimandi o che per forza di cose erano sprovvisti degli strumenti per coglierli, perché, lo ribadiamo, il cinema dei Vanzina è sì popolare nei temi ma non per questo deve essere preso sotto gamba.
(recensione di Stefano Bucci )