SOGNI E DELITTI
 

recensione sogni e delitti

 
Si è sempre detto che Woody Allen fa sempre lo stesso film. E’ vero. Ovviamente si tratta di un’ estremizzazione, un modo per sottolineare lo status di artista la cui intera opera è attraversata dal medesimo filo rosso che si attorciglia, si dipana, ruota intorno agli stessi ricorrenti temi: per Picasso era la creazione artistica, il rapporto tra l’artista e il suo modello, la donna e l’erotismo, per Leopardi il mal di vivere, il pessimismo, la natura matrigna che prima illude e poi delude negando all’uomo la via per la felicità, per Woody Allen è sempre stato il rapporto tra uomo e donna, tra arte e vita, tra etica individuale e etica collettiva che si esplica nel rapporto tra io e religione, giustizia, senso del dovere. Ma se prima era appunto un’ estremizzazione, un’iperbole, una figura retorica come  
 
era giusta che fosse, ora l’espressione deve esser presa drammaticamente alla lettera con la conseguenza che se prima denotava un’indubbia qualità ora suona all’esatto opposto. “Sogni e delitti” è emblematico forse più di altri dell’ultimo Woody Allen, intestarditosi a produrre un film all’anno con abitudinaria precisione, sforna film svogliati, ripetitivi e senza nerbo, in cui l’assenza di creatività e ispirazione non è nemmeno vissu-  
ta come un problema che bisogna dissimulare quanto una condizione manifesta e manifestata con naturale accettazione. Già il celebrato e sopravvalutato “Match point” non era altro che una specie di riassunto banalizzante di “Crimini e misfatti”. Ora, con “Sogni e delitti” giunge a realizzare la brutta copia di una copia già sbiadita. A chi tira in ballo Dostoevsky, chi parla di delitto e castigo, dei confini della morale, del male assoluto destinato a restare impunito non credetegli, pecca stupidamente di sovrainterpretazione. La verità è che uno che ha fatto un monumento come “Crimini e misfatti”, capace di raggiungere profondità abissali e sfumature impercettibili, ha già esaurito come meglio non si potrebbe quanto si può pensare sull’argomento, ha già detto tutto e di più con una lucida e impietosa rappresentazione che fa scendere le lacrime agli occhi per intelligenza e sensibiltà. “Sogni e delitti” invece non è nemmeno una divagazione sul tema. E’ soltanto una storiellina sterile e superficiale, roba che uno come Allen impiega mezza giornata a scrivere e mezza giornata a girare, conclusa con precipitazione e con qualche aspirazione pretestuosa, il manifesto di chi non ha niente dire e invece di tacere lo dice male.. Si salvano i due attori protagonisti, Ewan McGregor e Colin Farrell che come al solito hanno accettato il minimo sindacale pur di lavorare con Allen (ormai Woody Allen si è ridotto a questo, un vezzo autoriale o poco più) e il rapporto che li lega. Ma poca cosa davvero. Noi aspettiamo ancora il capolavoro (l’ultimo è stato “Harry a pezzi”, anno 1997) e lui si butta via facendo film come questo, o come “Scoop”, o come “Melinda&Melinda”, o come “Criminali da strapazzo”, film tanto per passare il tempo, per sfuggire alla noia, per non rinuciare alle proprie abitudini. Nemmeno il trapianto da Manatthan a Londra gli giova, i film sembrano ancora più spersonalizzati, mancano di quel sapore di casa, di quella poesia leggera, di quell’”allen touch” che comunque pervadeva anche le pellicole meno riuscite. Rimanevamo delusi da film come “Tutti dicono I love you”, quando ancora “l’ultimo film di Woody Allen” era sempre un evento, che adesso, se paragonati a questi, sembrano capolavori. E’ una china la sua in caduta progressiva. Questa non è una stroncatura. E’ un amore tradito.

(recensione di Mirko Nottoli)

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