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SILVIO FOREVER - RECENSIONE |
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Locandina "Silvio Forever" |
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silvio forever - recensione
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Non è documentario, né un film politico tanto meno un trattato sociologico, e questo farà storcere il naso a quanti, soprattutto a sinistra, vedono in Berlusconi il nemico numero uno: l’avversario da abbattere per guarire l’Italia dalla grande anomalia del conflitto di interessi. “Silvio Forever” (autobiografia non autorizzata di Silvio Berlusconi) diretto da Roberto Faenza e Filippo Macelloni, sceneggiato dagli editorialisti del Corsera Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo - autori del graffiante “La Casta” - è, più che altro, l’idea furba che nessuno aveva ancora avuto: realizzare un’autobiografia ‘umanizzata’ invece di un acido pamphlet, soppesata al millesimo dal punto di vista critico e appena increspata quanto ad analisi politica, di un leader popolarissimo anche all’estero. Più che un uomo, uno showman: una |
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star amata e odiata dalle masse, che va rispettata perché rappresenta una parte del Paese, dice Faenza. Un personaggio che nonostante i trascorsi da chansonnier e la fama di playboy, le barzellette e la megalomania, negli ultimi anni ha condizionato la Storia degli italiani. Nel bene e nel male. Accompagnato dalle polemiche dopo la censura preventiva riservata al trailer del film, negato sia a Mediaset che in |
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Rai, poi trasmesso senza immagini, “Silvio Forever”, autoprodotto da Ad Hoc Film (costo: 700mila euro) che uscirà il 25 marzo nelle sale distribuito da Lucky Red in cento di copie, è un film sul potere che parla e riesce a convincere le masse con un linguaggio da quarta elementare. Nulla di politico né di aulico, ripetono gli autori mettendo le mani avanti, ma un racconto super partes destinato alle platee (anche internazionali, visto che ci sono molti compratori interessati a “Silvio Forever” dice Andrea Occhipinti) tale da ingenerare un'opinione. Obiettivo ambizioso ma soprattutto ambiguo, perché il docufilm – che nulla toglie né aggiunge alla cronaca degli ultimi anni, e non affonda i colpi come in “Forza Italia!” dove Faenza raccontava la degenerazione del potere – è un opaco collage di resoconti, interviste, titoli di giornali e testimonianze di parte, assemblate dagli autori in maniera subliminale e secondo le loro sensibilità giornalistiche, per narrare il percorso del self made man che tutto il mondo conosce. La novità che non ti aspetti è che Berlusconi piomba sullo schermo col guizzo di un personaggio da commedia dell'arte: dalla retorica del bimbo che si fabbrica le marionette da solo e ci gioca animandole, alle strategie di marketing del piazzista che in tre mesi fonda un partito e vince le elezioni. Tant'è. Ad aprire il balletto di immagini di repertorio pensa la signora Rosa, la mamma di Berlusconi, che tesse le lodi di Silvio dichiarando quanto il figlio sia buono e generoso; un uomo tutto azienda e famiglia. Tempi lontanissimi dal Rubygate e dallo scandalo delle escort di Palazzo, quelli in cui il futuro primo ministro (ribattezzato dalla stampa ‘nemica' l'orco di Arcore, Hitler, Mussolini, Sua Emittenza, il caimano, quello che se avesse una punta di tette farebbe l'annunciatrice) raccoglieva la carta al mercato per farne palle da ardere, da rivendere come carburante. Negli ottanta minuti di pellicola, narrata da Neri Marcorè e montata su materiale recuperato prevalentemente su internet, fanno la loro apparizioni tanti comici (da Paolo Rossi a Roberto Benigni, passando per Dario Fo, Beppe Grillo, Antonio Cornacchione) che colorano la vicenda umana di Berlusconi con una punta di diluita ironia. Si va dall'infanzia strappalacrime di Silvio sotto il fascismo, costretto a dormire sul divano fino a sedici anni, agli aneliti di libertà rincorsi col leghista Bossi per difendere gli interessi dell'azienda Italia. Sullo schermo le sigle dei Tg storici si alternano ai flash delle immagini: il terremoto de L'Aquila, il bacio a Gheddafi, la ‘munnezza', i duetti con Apicella, il contratto con gli italiani a “Porta a porta”, l'acquisto del Milan, il colpo di fulmine per Veronica Lario, il lancio della statuetta, i bagni di folla con Fini e Casini, le aule giudiziarie, la minaccia comunista, e i lapsus freudiani: “sono un perseguitato dalla giustizia – ripete il premier – più di 2500 udienze, oltre 200 milioni di euro per pagare consulenti e giudici, pardon avvocati”. Tutto l'empireo berlusconiano insomma brilla in questo documentario fatto più per aiutare la gente a vedere le cose in maniera obiettiva che ad alzare steccati ideologici. Peccato che il ritmo del film sia troppo compassato e lo stile eccessivamente didattico per raggiungere risultati apprezzabili. E se all'inizio si sorride per la battuta in latino di Indro Montanelli, che rifiutò uno dei 32 loculi ( illuminati da torce oblique e ribattezzati dal premier ‘il cerchio dell'amicizia') messi a disposizione nel faraonico mausoleo di Arcore architettato da Cascella, il riso diventa amaro nel finale. Perché l'Italia, per dirla con Marcorè, da 17 anni è più brutta, deludente e corrotta. Né ci conforta sapere che Berlusconi è l'unico leader in grado di stabilire un rapporto privilegiato con la pancia del Paese, chiariscono gli autori, perché da quando è in politica continua a confondere il pubblico con gli elettori. E i giudici con gli avvocati. Ma questo, signori, è un altro film.
(recensione di Alessandra Miccinesi )
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