SFIDA SENZA REGOLE
 
locandina sfida senza regole

recensione sfida senza regole

 
Arriva in sala un film dall’eco risonante e difficilmente ignorabile. "Sfida senza regole" è un thriller, di medio-bassa fattura perlopiù, ma è soprattutto una vetrina imponente dove vengono messi in mostra due dei più grandi attori mai nati. Robert De Niro ed Al Pacino. Sissignore, quei due che non si erano mai incontrati ne "Il Padrino – Parte seconda" e che si erano incrociati in un paio di fugaci scene nel buon "The Heat – La sfida" di Michael Mann. Oggi recitano fianco a fianco, si stuzzicano continuamente e creano innumerevoli duetti. Turk (Bob) e Rooster (Al) sono due detectives di New York sul viale del tramonto della loro carrirera, e s’imbattono in un assassino seriale che firma i propri delitti con dei sonetti di monito nei confronti delle vittime, che provengono tutte dal bacino di criminali su cui i due indagano. Le indagini portano dritte a Turk. E lo svolgersi  
 
scopre risvolti scontati e banalizzati. Dato per acquisito che il film è ben poca cosa, l’attenzione si sposta sul ruolo all’interno della storia del cinema di un film del genere. La resa dei personaggi nei confronti degli eventi ripercorre metaforicamente quella di un pezzo di storia di Hollywood che lascia il testimone nelle mani del nuovo che avanza. La convivenza sul grande schermo di Pacino e De Niro con un personag-   recensione sfida senza regole
gio come 50 Cent è più che significativa. Il mestiere dell’attore vive un momento di crisi, o perlomeno di grande cambiamento, e qui ne abbiamo la prova tangibile. I superdivi girano a vuoto, De Niro con il suo recitato caratterizzato e sovraccarico, che lo ha reso celebre, e Pacino con il suo sguardo indagatore ed il suo carisma anticonvenzionale sembrano completamente in controtendenza con gli obiettivi principali del film e del cinema contemporaneo più in generale. Le inquadrature non rendono giustizia agli attori, e non vogliono nemmeno farlo. La religione dell’immagine, della dinamicità ha tolto il pane sotto i denti a professionisti del genere. Addirittura la (onni)presenza della polizia scientifica nelle indagini è un ulteriore segnale di rinnovamento: la mania per la medicina e per la scientifica, che ha invaso i piccoli schermi di tutto il mondo, sta distogliendo l’attenzione dai personaggi, che ai tempi dei De Niro e Pacino erano il fulcro delle storie e degli intrecci narrativi. Nel filone gangsteristico che ha reso grande la New Hollywood l’attenzione verso le indagini e le lungaggini era assolutamente inesistente, ed immenso campo d’azione veniva lasciato alle personalissime interpretazioni di grandi attori come questi di cui parliamo. La parte migliore del progetto, le interpretazioni e le personalità dei due, si trovano a fare il ruolo di aggiusta(non guasta)feste in un minestrone riscaldato ed assai sciapo. I riferimenti continui ad operuncole quali "Saw" ed affini catalogano tristemente le intenzioni del regista. In pratica il film del mediocre Jon Avnet è salvabile per la sola presenza dei due mostri sacri e dei loro duetti impedibili, per il resto ha rilevanza esclusivamente come documento storico e tangibile testimonianza della fine di un’epoca e dell’inizio di un’altra, certamente meno gloriosa. Dopo la proiezione la voglia che assale lo spettatore è quella di andare a rispolverare vecchi capolavori targati Scorsese, De Palma o Coppola, non certo quella di aspettare anelanti il prossimo film di Avnet.



(di Tommaso Ranchino )


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