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Solitamente quando
si fa riferimento
agli adattamenti cinematografici
di un'opera letteraria
si usa definirli “riduzioni
cinematografiche”.
Nel caso di “Seta”
del cineasta canadese
François Girard
la sostituzione sinonimica
sarebbe sicuramente
fuori luogo; forse
potrebbe essere più
indicato parlare di
“ampliamento
cinematografico”.
A prescindere dal
risultato qualitativo,
infatti, qualsiasi
film tratto dal brevissimo
best seller internazionale
di Alessandro Baricco
non sarebbe potuto
essere altro che un
arricchimento sia
in termini di dettagli
ambientali sia in
quanto a profondità
narrativa. E così
per l’appunto
gli sceneggiatori
si sono mossi. Sono
partiti dalla trama
di base del racconto
di baricchiana penna,
tentando di restarvi
fedele il più
possibile, e poi si
sono sforzati di riempire
i buchi, evitare le
ripetizioni, |
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dare
una
forma
compiuta
a personaggi
appena
abbozzati.
Il film
racconta
dunque
le vicende
di un
giovane
soldato
- nella
Francia
tardo-ottocentesca
–
che,
poco
incline
alla
carriera
militare,
decide
di dedicarsi
al commercio
dei
bachi
da seta.
Accanto
a lui
una
bella
maestrina,
presto
sua
moglie,
dalla
quale
non
riesce
ad avere
figli
ma che
ama
fortemente.
Ma soprattutto
si raccontano
i viaggi
alla
ricerca
di |
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bachi
da seta resistenti
alle malattie;
viaggi che
porteranno
Hervé
Joncour (questo
il nome del
protagonista,
interpretato
da Michael
Pitt) fino
in Giappone,
dove tornerà
più
volte, ammaliato
da una giovane
orientale
di rara bellezza.
E poi c’è
un bambino
di nome Ludovic
(novità
assoluta rispetto
al romanzo)
cui Hervé
e la moglie
insegnano
i valori della
vita e che
rappresenterà
il filo conduttore
cronologico
della storia.
Ebbene, sia
i detrattori
che i sostenitori
del libro
di Baricco
si aspettavano
un adattamento
che ne rispecchiasse
lo spirito
di fondo:
quell’afflato
mitico, di
storia senza
tempo, lineare
e paratattica
perché
costruita
per immagini
giustapposte.
Invece niente.
Neppure gli
esigui pregi
dell’opera
letteraria
sono stati
trattenuti.
Al loro posto
si è
inserita una
lentezza senza
motivazioni,
unita ad una
banalità
figurativa
da far concorrenza
alle cartoline
di un villaggio
vacanze. Senza
parlare, poi,
della mediocrità
delle interpretazioni,
in particolare
quella di
Keira Knightley
(la moglie),
che precipita
rovinosamente
nel primo
ruolo di donna
dai sentimenti
trattenuti.
Per quanto
riguarda le
frasi enfatiche
e false della
pagina scritta,
quelle sì
sono state
mantenute:
unica visibile
differenza
la lettera
finale, da
cui sono stati
espunti i
passi erotici,
senza riguardo
al fatto che
lungo tutto
il film erano
state aggiunte
scene di sesso
ad ogni piè
sospinto.
Sdolcinato,
noioso e pieno
di luoghi
comuni, il
film “Seta”
è addirittura
meno riuscito
del romanzo.
Da non credere.
(recensione
di Marco
Santello
)
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