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scrivimi una canzone
recensione
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Quando Hugh Grant
fa Hugh Grant è
una garanzia. Siccome
Hugh Grant fa sempre
Hugh Grant (e non
se ne dispiace), ne
consegue che Hugh
Grant è sempre
una garanzia. Lo è
anche in questo “Scrivimi
una canzone”
dove ripropone, in
sintesi, lo stesso
personaggio di “About
a boy”, cinico
perditempo, disincantato
e superficiale sfaccendato,
indifferente, anzi
quasi compiaciuto
dell’immagine
di fallito che proietta
di sé. Là
campava di rendita
per una canzonetta
natalizia scritta
da un suo avo, qua
è un nostrano
Dan Harrow (ma mooolto
più simpatico)
che campa di rendita
sul successo ottenuto
con la sua band, “i
Pop”, durante
i famigerati anni
’80 (riferimenti
a George Michael e
agli Wham! non del
tutto casuali) e ora
sbarca il lunario
partecipando a programmi
televisivi trash sulle
meteore musicali e
cantando nelle sagre
paesane |
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davanti
a quarantenni
nostalgiche
e adoranti.
Umiliante?
Non
per
Hugh
Grant
che
dell’anti-ambizione
ha fatto
la sua
bandiera.
Chissà,
magari
se avesse
insistito
maggiormente
sulla
rievocazione
parodistica
degli
anni
’80,
con
le sue
boy
band,
i ciuffi
cotonati,
le tastiere,
la musica
elettronica,
“Scrivimi
una
canzone”
avrebbe
potuto
trovare
una
chiave
di volta
originale
e potenzialmente
esilarante
(l’incipit
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con il video
dei Pop è
perfetto),
preferendo
invece toccare
il tema solo
marginalmente
per deviare
sulla commedia
sentimentale
contemporanea
più
convenzionale
e quotidiana
(com’è
nelle corde
del regista
sceneggiatore
Marc Lawrence),
col mondo
della musica,
passata e
presente,
a fare da
variopinto
sfondo a cui
riservare
qualche facile
stoccata.
Senza troppa
cattiveria
però.
In fondo anche
la Britney
Spears di
turno, imbevuta
di stupido
misticismo
indiano, si
rivela comprensiva
e generosa,
al di là
delle apparenze.
Nessuna sorpresa
dunque, le
commedie con
Hugh Grant
possono ormai
costituire
un sottogenere
cinematografico
a sé
stante che,
come tutti
i sottogeneri,
rispondono
a dinamiche
consolidate
e ineccepibili:
sorrisi, smorfie,
fare maldestro,
battute pronte
indulgenti,
camice improbabili,
happy end
tanto spudorato
da farlo non
solo accettabile
ma invocato
e assolutamente
dovuto, che
l’arma
dell’auto-ironia
non conosce
ostacoli.
Fa da degna
sponda al
nostro eroe
Drew Barrymore,
disinvolta
e brillante,
anch’essa
adorabile
perdente che
se si prende
la vita con
filosofia,
la vita poi
sa come offrire
una seconda,
insperata,
possibilità.
(recensione
di Mirko
Nottoli
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una canzone"! |
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