SCRIVILO SUI MURI
 

recensione scrivilo sui muri

 
Giancarlo Scarchilli, regista e sceneggiatore del film “Scrivilo sui muri”, tenta di entrare nel mondo dei giovani, per rappresentarne i modi di vivere, le problematiche e le contraddizioni, prendendo in considerazione il movimento di espressione dei “writers”. La storia parte con la preoccupante crisi esistenziale di Sole (Cristiana Capotondi), che pian piano si risolve con l’incontro fortuito e provvidenziale di Pierpaolo (Ludovico Fremont) e di Alex (Primo Reggiani). Questi ragazzi sono dei writers, ed insieme ad altri costituiscono il gruppo dei C.D., ovvero “Civil Disobedience”, che opera di notte. Sole, senza esitazione, per il bisogno di forti emozioni, decide di partecipare alle scorribande notturne, rischiando assieme al gruppo. L’intesa d’ideali, la condivisione di momenti entusiasmanti con il nuovo gruppo di amici, permette  
 
a Sole di capire che forse i valori che aveva sempre perseguito non sono poi frutto di una sua propria scelta. E quando si condividono scelte ed ideali, alla fine si finisce per condividere sentimenti altrettanto esaltanti come l’amore. Il film narra, quindi, i comportamenti di questo gruppo di giovani ragazzi. Lo “sguardo” del regista, però, non riesce a penetrare le motivazioni delle problematiche, i dissensi e le  
insoddisfazioni che caratterizzano la vita di questo mondo. Il riferimento al mondo dei writers scivola, nella narrazione, quasi in secondo piano, senza che il suo significato simbolico sia associato ai disagi di vita dei ragazzi stessi. Il “writing” nasce negli Stati Uniti, in parallelo al movimento “hip hop”. Furono entrambi elementi di espressione determinante di sub culture metropolitane afroamericane e portoricane. Varcando i confini americani, l’hip hop ed il writing, influenzarono la cultura giovanile europea, caratterizzando l’identità giovanile metropolitana. Musica rap, break dance, abbigliamento trasandato, graffiti murali rappresentano linguaggi di espressione identitaria giovanile contro l’opulenza della società dei consumi, e sono linguaggi di espressione usati proprio fra i gruppi giovanili, una sorta di codice comune. Questo mondo giovanile “guardato” dal di fuori, fotografato, mostra solo il suo volto esteriore, superficiale. Le motivazioni e i riferimenti valoriali che determinano scelte di vita e di espressione, come quelle dei writers, scaturiscono da dinamiche ben precise, che, analizzate, possono fornire la risposta a questi comportamenti comunitari. E questo, Scarchilli non riesce a realizzarlo. Alla fine il film, per la struttura narrativa, le sequenze sceniche, i dialoghi scontati ed una recitazione meno che accettabile, può considerarsi più adatto ad un serial TV che al grande schermo.

(recensione di Rosalinda Gaudiano )


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