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Locandina "Scream 4" |
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Scream 4: il modo in cui si presenta promette bene, se ci si può immaginare qualcosa di nuovo da una saga horror che, è vero, è entrata nell’immaginario collettivo del genere, ma di cui solo il primo capitolo è davvero originale. Due false partenze, infatti, prendono in giro gli schemi abusati dai film successivi: ragazze “bionde e con le tette grosse, quindi stupide”, telefonate minatorie, luci che si spengono all’improvviso. Tutto questo, in due film dentro al film, che le protagoniste guardano di volta in volta.
Non appena si entra nel vivo del vero film, però, tutto quello di cui si è riso – e di cui si ride, a tratti, nel resto del tempo – si ripropone, imbarazzante.
La storia è quella di Sidney Prescott, protagonista degli episodi precedenti, che torna a Woodsboro per presentare il libro che ha scritto, ispirato alla sua esperienza: porta ancora con sé, |
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però, la scia di sangue che l’ha perseguitata; l’incubo di Ghostface. La svolgimento della trama, però, è continuamente interrotto da dialoghi sul cinema horror e sui remake: se da una parte vorrebbero esorcizzare la paura del paese per gli omicidi e prevedere le mosse dell’assassino, dall’altra sono un tentativo maldestro e asfissiante di vendere il film e giustificare i colpi di scena finali, certo inaspetta- |
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ti ma arbitrari, senza premessa o giustificazione nella storia. Risate volontarie, dunque, generate da brevi inserti satirici e citazioni – su tutte, il poliziotto che di nome fa Anthony Perkins e la serie “Squartati” presente nel film, firmata da Robert Rodriguez – si accompagnano a molte più risate amare, generate dalla mole di stereotipi, e sospiri, che significano “ma era davvero necessario un altro Scream?”.
(recensione di Paolo Ottomano)
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