SBIRRI
 
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L'idea che sta sotto a Sbirri, la nuova pellicola con Raoul Bova diretta da Roberto Burchielli nelle sale italiane dal 10 aprile, non sarebbe male. Un giornalista sans frontiere, Matteo Gatti (Bova, appunto), sposato e in attesa del secondo bambino, perde il primo figlio sedicenne, Marco (Alessandro Sperduti), che da Roma era partito con alcuni amici alla volta di Milano per incontrare delle ragazze ad una festa. Quando Matteo scopre che il figlio è stato vittima della droga decide di partire per Milano con l'obiettivo di capire di più sul racket delle "paste" e dello sballo da stupefacenti. La moglie (Simonetta Solder) non lo appoggia, lo vorrebbe più spesso in famiglia e praticamente lo caccia di casa. Matteo, dilaniato dal dolore per la morte dle figlio, inizia a lavorare come fianco a fianco con i poliziotti dell'Unità operativa  
 
criminalità diffusa di Milano, Angeli della strada che quotidianamente cercano di svuotare, goccia per goccia, l'oceano di droga che ogni giorno affoga il capoluogo lombardo. Durante le sue videoriprese, Matteo scopre che i ragazzi che assumono droga hanno tutti qualcosa in comune: l'assenza dei genitori. In questa colpa Matteo si riconosce: sempre lontano da casa per lavoro, con il figlio e la moglie costretti ad   recensione sbirri
accontentarsi sempre delle briciole di tempo che il padre può dedicargli. Peccato però che il film non scenda mai sotto al livello dei luoghi comuni, e si limiti a mostrare quel che in fondo tutti già sanno. Si direbbe che sono molto più efficaci i servizi su Italia 1 delle "Iene" che questo ennesimo sceneggiato pensato per la tv. Passano infatti 50' minuti prima di avere la prima "notizia": i pusher milanesi nascondono le pallottole di cocaina nelle cuciture dei jeans. Per il resto il film è "calma piatta". Nonostante la telecamera a mano prometterebbe azione e movimento. Nonostante il commento musicale sia onnipresente e, spesso, addirittura fastidioso. Qualche successo al film può garantirlo solo la grande e ben nota passione per Raoul Bova coltivata dalle teenager, cui comunque vedere questo film insieme ai fidanzatini, non nuocerà. Per imparare cos'è il cinema avranno tempo, per evitare spiacevoli disavventure con le "paste" magari. no.

(di Daniele Piccini)


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