SAW III
 

saw III recensione

 
La serialità spesso non giova: nonostante il ritmo e la tenuta ancora solidi e intatti, SAW III non regge completamente l’urto del terzo capitolo. Jigsaw (l’etereo Tobin Bell) e la complice Amanda (ripasso: nel primo episodio era la ragazza tossica che riusciva a scampare e nel secondo l’infiltrata connivente e i riferimenti non sono finiti qui) rapiscono una dottoressa. Lo scopo è tenere in vita il killer/missionario, ormai agli sgoccioli per il diffondersi del tumore. L’uomo che adora gli enigmi ha ancora da fare: una delle sue trappole è bell’è pronta per un padre di famiglia assetato di vendetta. Il figlioletto è stato travolto e ucciso da un’auto pirata e urge vendetta. Che il gioco abbia inizio, dunque e via ai congegni meccanici di tortura tanto cari al trucido evangelizzatore: catene agganciate ai corpi come piovessero,  
 
collari di foggia medioevale, scelte senza scampo, gelati stanzini fetidi, frullati di morte e terrore per tutti i gusti. La regia gronda sequenze da videoclip acido ridondando vacua e furbacchiona. Tempi e modi invece sono quelli giusti come la morale, che è ancora tutta d’un pezzo. Sei davvero capace di perdonare? Apprezzi davvero la vita? Hai risolto i tuoi buchi neri? Mettiti alla prova con Jigsaw! Quel che al-  
lenta la tensione e appare assai gratuito sono i predicozzi troppo articolati e eccessivi, i litri di emoglobina che ubriacano lo spettatore, un tot di uccisioni funzionali solo all’acceleratore della spettacolarità e per gradire, infine, un’operazione “open brain” che E.R. e il Dottor House se la sognano. Il finalone per niente consolatorio promette un’uscita di scena più che dignitosa dell’assassino ma non sia detto che Mamma Hollywood escluda anche il miracolo.

(recensione di Daniela Losini )

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