SAPORI E DISSAPORI
 

recensione sapori e dissapori

 
La presunzione e l’arroganza degli americani sono ormai insopportabili. Nel cinema come in qualsiasi altro ambito. Ha senso fare un film che c’è già? No, non ne ha, o almeno non in questo modo. “Sapori e dissapori” non è altro che “Ricette d’amore” film tedesco del 2001, regia di Sandra Nettelbeck, con Martina Gedeck e Sergio Castellitto. Film abbastanza recente, distribuito nelle sale, che abbiamo visto tutti (o quasi), ben diretto, ben recitato, ben riuscito. Un remake si dirà. No, piuttosto una copia, un plagio legalizzato, estorto con la forza. Perché rifarlo? Non bastava distribuire e proiettare quello? Forse perché non è targato U.S.A. e se non è targato U.S.A. agli americani sembra un oggetto barbaro? Forse perché per gli americani un film o è americano oppure non ha il diritto di essere, come se solo loro abbiano l’esclusiva sul prodotto,  
 
come se qualsiasi altro film sia solo una specie di prova abortita? Avvilente prosopopea yankee. Ma basta, che imparino prima a leggere e a scrivere! Che se uno va al cinema preparato va anche bene. Ma se uno va al cinema senza sapere cosa lo aspetta e disgraziatamente ha già visto “Ricette d’amore” (non siamo tutti americani, c’è anche chi è conscio dell’esistenza di altre cinematografie e talvolta ha il coraggio  
di frequentarle), allora dopo i primi 15 minuti avrà la sensazione di essere preso in giro. Stesse sequenze, stesse inquadrature, stesse battute dell’originale (non è la prima volta: si veda “Vanilla sky” o lo scandaloso “Nikita”. Per “Psycho” il discorso cambia…). Le poche differenze pendono tutte a sfavore della versione hollywoodiana, più plateale, più fasulla, più sensazionalistica, in nome di un concetto di svago tendente ad azzerare qualsivoglia processo mentale, il che la dice lunga sull’inopportunità di tali operazioni. Inoltre: Martina Gedeck dà un giro di pista alla Zeta-Jones premio Oscar come miglior moglie di Michael Douglas e Sergio Castellitto è di gran lunga più credibile di Aaron Eckhart, se non altro perché per fare un italiano è sempre meglio prendere un italiano piuttosto che il solito condensato di luoghi comuni a base di Pavarotti (pace all’anima sua), l’opera, la caciara, la buona cucina, mafia-pizza-e-mandolino. Ed è anche più bello: quantomeno non ha la faccia da coglione (tranquilli, non è una parolaccia, è una semplice similitudine) e non è pettinato come Jon Bon Jovi. Abigail Breslin è la bambina, un po’ cresciuta e dimagrita, di “Little miss sunshine”. Scott Hicks, quando ancora faceva il regista e non le fotocopie, diresse “Shine”. Trama e contenuti sono cose dell’originale, per cui si rimanda a quello. Per “Sapori e dissapori” i reati sono di appropriazione indebita e riciclaggio fraudolento. Da boicottare, per principio.

(recensione di Mirko Nottoli )

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