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Entroterra siciliano,
scuginizzi con situazioni
familiari alla deriva,
favoletta farcita
con ambizioni da cinema
neoralistico. Alle
risultanze: trama,
svolgimento e morale
becero-disneyana (che
produce per la prima
volta un’opera
prima tutta italiana)
con accenti neoconservatori
e fuori dalla realtà.
Salvatore rimane senza
madre poi senza padre
e finisce a provveder
da solo al sostentamento
della nonna e della
sorellina, curando
la serra di pomodori
rimasta in eredità,
unica fonte di approvvigionamento
per realizzare una
vita decente. Gironzola
impavido col suo Apecar,
litiga sul prezzo
della verdura coi
commercianti cattivi-cattivi
(Giancarlo Giannini,
non classificato)
marina la scuola ché
non abbiamo tempo
da perdere in pinzillacchere
ma le pinzillachere
lo rincorrono. Il
maestro, Enrico lo
Verso, s’incaponisce
al recupe- |
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ro
e poi
all’adozione
per
impedire
al ragazzino
e al
resto
della
sciagurata
famiglia
di rimanere
imbrigliati
nelle
tenaglie
dei
servizi
sociali
brutti-brutti,
(l’assistente
petulante
è
Galatea
Ranzi).
Un po’
favola
con
morale,
un po’
cinema
verista
con
intenti
pedagodici,
un po’
minestrone
di buoni
sentimenti
e avventata
buona
fede.
“Salvatore
questa
è
la vita”
mostra
esistenze
in bilico
ma mai
realmente
in pericolo,
laddove
e |
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non per fare
retorica dietrologia
vi sono davvero
situazioni
drammatiche
e di sofferenza
con risvolti
che sfociano
nella tragedia,
rischiando
di minimizzare
e rendere
sin troppo
semplici certi
accadimenti.
A tale proposito
si ricorda
che le vere
favole, quelle
che la raccontano
giusta, non
devono solo
intrattenere
o divertire
ma far riflettere,
far paura.
Un film che
si autodefinisce
“sincero”
disarma. Sincero?
Anacronistico
e fuori dal
mondo, diremo..
(di Daniela
Losini )
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