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SALVADOR
- 26 ANNI CONTRO |
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recensione salvador
26 anni contro
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Spagna 1970. Ultimi
anni della dittatura
franchista. Gruppi
di estrema sinistra,
composti da giovanissimi
militanti sia spagnoli
che francesi, compiono
rapine nelle banche
per sostenere la causa
di opposizione ad
oltranza alla dittatura
di Franco. I giovani
militanti sono pieni
di entusiasmo e credono
di essere invulnerabili.
Ma nel 1973, in un’imboscata,
le azioni fortemente
provocatorie dei gruppi
di opposizione al
regime, vengono fermate
dagli agenti della
Brigata Socio-Politica,
in una trappola tesa
a due dei militanti
del gruppo. Durante
quell’imboscata,
un poliziotto viene
ucciso da Salvador
Puig Antich (Daniel
Bruhl-“Good
Bye Lenin”),
preso insieme agli
altri. Salvador Puig
è un giovane
militante pieno di
vita, che crede nei
principi della giustizia.
Ferito gravemente,
ma curato in ospedale,
guarisce e viene condotto
nel carcere |
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di Modelo.
Un processo
sommario
lo condanna
a morte.
A nulla
valgono
gli
sforzi
della
sua
famiglia
per
salvargli
la vita.
Purtroppo
in quei
giorni
viene
ucciso
dall’Eta,
in un
attentato,
l’ammiraglio
Carrero
Blanco,
capo
del
governo
franchista,
e Salvador
diventa
il capro
espiatorio
che
il regime
esige
in risposta
all’omicidio
di Blanco.
Salvador
Puig
Antich
è
giustiziato
il 2
marzo
1974,
alle
ore
16,
con
il barbaro
sistema
della
garrota.
Il film |
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“Salvador
26 anni contro”
è semplicemente
spiazzante
nella sua
forza, che
riesce a creare,
senza falsi
sentimentalismi,
una partecipazione
viva e sentita.
Tratto dal
libro di Francesco
Escribano:
“ La
Istoria de
Salvador Puig
Antich”,
il film è
un documento
sui fatti,
ma soprattutto
sul rito macabro
della pena
di morte,
sulla crudezza
di quei momenti
che precedono
l’esecuzione,
e l’atto
finale della
stretta della
morsa al collo
di Salvador.
Con una straordinaria
capacità
registica,
Manuel Huerga,
non fa inutile
e triste spettacolo
mostrando
il rito forcaiolo.
Huerga ci
pone maledettamente
di fronte
a quest’assurda
pratica, tutt’oggi
presente nella
nostra società
“civilizzata”.
Così,
al di là
della spettacolarizzazione
della morte
del giovane
Salvador,
e ancor peggio
degli ultimi
momenti che
hanno preceduto
la sua fine,
la domanda
che ci pone
è:
ma che senso
ha? E la risposta
che si fa
strada è:
è solo
per giochi,
sporchi giochi
politici!
L’esecuzione
di Salvador
Puig, ancora
oggi non trova
una ragione
per essere
stata compiuta,
e rinforza
il concetto
che la pena
capitale è
un rito molto
particolare
dal punto
di vista simbolico.
Giustiziare
chi si è
macchiato
di crimini
equivale a
garantire
ed attuare
una sorta
di “rigenerazione”
del genere
umano corrotto,
un nuovo inizio,
un ripristino
della situazione
primordiale.
Il film è
questo. Una
forte, esasperata
denuncia contro
la pena di
morte, confezionata
con tutte
le regole
che espongono
con compiutezza
il punto di
vista della
regia, filtrato
attraverso
la visione
di un osservatore
invisibile,
che con il
suo “sguardo”
permette di
seguire azioni,
comportamenti
e fatti realmente
accaduti,
e di penetrare
nello spazio-tempo
della diegesi.
La narrazione
diventa discorso,
captata dalla
mdp, che coniuga
tutte le possibili
funzioni del
racconto,
tanto che
lo sguardo
del regista
riesce a pieno
ad identificarsi
con lo sguardo
dello spettatore.
Presentato
al Festival
di Cannes
2006 nella
sezione “Un
Certain Regard”,
al World Film
Festival di
Montreal 2006
in “Focus
on World Cinema”,
premio Goya
e premio Ondas
2006, tutto
in questo
film è
cinema. Crudo,
realista,
nel rispetto
delle unità
dei codici
che lo compongono.
(recensione
di Rosalinda
Gaudiano
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26 anni contro"! |
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