S. DARKO
 
locandina s. darko

recensione s. darko

 
Prima di dire qualsiasi cosa bisogna chiarire un punto: Richard Kelly (ovvero il regista e ideatore di Donnie Darko) con questo film non c'entra assolutamente nulla. Ci tenne anche lui a sottolinearlo quando si preannunciava l'uscita negli Stati Uniti "Ci sono alcune cose che mi piacerebbe precisare: Non ho letto lo script. Non sono assolutamente coinvolto in questa produzione, nč mai lo sarņ. Non ho controllo sui diritti del nostro film originale e nč io nč il mio produttore Sean McKittrick riceveremo un dollaro dagli incassi di questo film" disse, dissociandosi completamente dal progetto. Quindi, se come me siete tra quelli che leggendo sequel di Donnie Darko avete visto crollare un mito, con conseguente reflusso gastrofageo, non vi preoccupate, qui non si parla di sequel (anche se si vorrebbe) ma di  
 
involontaria parodia. Purtroppo quando un film riesce a sbancare i botteghini come ha fatto Donnie Darko, creando intorno a sè un culto ed una scia di fan incalliti, capita che uno di loro (il regista Chris Fisher, un fan appunto) decida di tentare la fortuna riciclando una locandina che è come la luce per le falene e buttandosi a capofitto in un disordinato e febbricitante copia-incolla. Mettiamola così, S. Darko è un film che   recensione s. darko
non va preso seriamente, un prodotto per la domenica pomeriggio di canale 5, un "Donnie Darko for dummies" se vogliamo Sono passati sette anni dalla morte di Donnie. Ora 18enne, la sorellina Samantha decide di partire con la sua migliore amica in un road-trip per la California, sperando di lasciarsi dietro le spalle la tragedia che ha segnato la sua infanzia a Middlesex. Tutto ok fino a quì, se Samatha non fosse una sorta di lolita sotto sedativi e i dialoghi con la migliore amica non sembrassero usciti da Dawson's Creek. Comunque, sfortuna vuole che la loro macchina si fermi nei pressi di una cittadina dimenticata da Dio dove arriverà in loro aiuto un ragazzo che sembra uscito da un film anni '50, con tanto di pacchetto di sigarette infilato nel risvolto della manica della camicia (peccato che la camicia aveva anche un taschino sul davanti...). Per recuperare i pezzi necessari a riparare la macchina ci vorranno un paio di giorni e così le due ragazze decidono di fermarsi in un motel della cittadina. Nel frattempo un giovane veterano di guerra, considerato il matto del paese e da tutti chiamato Iraq Jack, vagabonda con sguardo allucinato per le strade, annunciando che la fine del mondo avverrà (di nuovo) il 4 luglio 1995. Poi ci ritroviamo a scoprire che anche la sorellina di Donnie soffre di allucinazioni apocalittiche e si ricomincia con i viaggi nel tempo, quasi fossero parte del patrimonio genetico della famiglia Darko. Ma non basta. A quanto pare nella concezione di Fisher per fare viaggi nel tempo basta desideralo fortemente e così ci si ritrova a fare avanti e indietro, con personaggi che modificano gli eventi sacrificando sé stessi. L'unica innovazione sta nel punto di vista della storia principale: è Samantha ad apparire nelle visioni di Iraq Jack, come Frank (il coniglio) appariva a Donnie. Ma nonostante questo per l'intera durata del film viene spontaneo chiedersi come mai la protagonista sia Samantha. Donnie Darko, infatti, funzionava perchè il protagonista era un personaggio abbastanza interessante da portare sulle spalle il film anche senza conigli e viaggi nel tempo. Il personaggio di Samantha invece è assolutamente piatto e passivo rispetto agli altri protagonisti, che però non vengono mai approfonditi. Come se si tentasse di ricostruire un puzzle con pezzi presi da differenti scatole, in un caleidoscopio di personaggi e situazioni lanciate a caso nella storia, vediamo rispuntare le particolarità che hanno caratterizzato Donnie Darko: "vermi d'acqua" che indicano il destino, maschere di coniglio, (una masnada di) sequenze che partono in slow-motion per poi accellerare, predicatori pedofili, edifici bruciati... e anche il nipote di Roberta Sparrow. Nel lavoro di copia-incolla però si sono fatti sfuggire un paio di cose: l'ironia per esempio, o i dialoghi intelligenti, la capacità di coinvolgere emotivamente e di creare un ritratto sull'adolescenza e sulla società, la colonna sonora che riporta al periodo di ambientazione, la caratterizzazione dei personaggi e, soprattutto, per quanto ingarbugliata fosse nell’originale, la logica. Ma, come abbiamo già detto, questo film non va preso seriamente. Così passa un'ora e quaranta, tra risate isteriche e sbadigli, continuando a seguire la trama di una storia senza atmosfera, nella speranza che vada almeno a parare da qualche parte, per poi scoprire che, non solo non lo fa, ma che tutta la carne buttata al fuoco non ha la dovuta spiegazione. Il tutto si conclude in un finale enigmatico che non spinge a domande o riflessioni filosofiche, ma che fa riflettere sul tempo… quello sprecato per guardare questo film.

(di Rosa Agusta)


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