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Rocky Balboa si è
ritirato nei sobborghi
di Philadelphia, gestisce
un ristorante, racconta
aneddoti, sopravvive
teneramente nel ricordo
di Adriana (scomparsa
per un tumore, “quello
delle donne”
dice lui) e all’ombra
del dispiacere di
un figlio che si nasconde
alla vita. Si accompagna
quieto ai propri fantasmi,
compresi quelli in
carne e ossa come
Paulie (Burt Young)
l’inacidito
cognato che gli urla
“Sono contento
di andare alla malora,
smetti di vivere nel
passato!”. Complice
una simulazione virtuale
che accosta il campione
di ieri a quello di
oggi (il vero pugile
professionista Antonio
Tarver “Magic
Man”), Rocky
non resisterà
al richiamo del ring.
Rischiando tutto accetterà
l’incontro/farsa
organizzato dai manager
dell’aggressivo
sfidante. L’allenamento
è senza pietà
(“Sei un catorcio
ma puoi dare pugni
come carri armati”):
giusto |
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appiglio
per
l’excursus
della
preparazione
compresa
la salita
della
famosissima
scalinata,
questa
volta
con
cagnolino
trovatello.
Ancora
uova
crude
a colazione
e quarti
di bue
surgelati
mazziati
a pugni.
C’è
tutto
il “festival
della
nostalgia”
compresa
una
dose
di necessaria
ironia
e una
fugace
apparizione
di Tyson.
E la
lezione:
niente
picchia
più
duro
della
vita,
quel
che
conta
è
alzarsi
dal
tappeto.
Pensi
adesso
la sceneggia- |
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tura cede,
inciampa o
sbava ma per
tutto il tempo
svicola ogni
facile deriva.
Cinque settimane
di riprese
in esterni
nei luoghi
che diedero
origine al
primo “Rocky”
in aggiunta
alla scena
dello scontro,
girata sfruttando
il palazzetto
pieno di spettatori
dopo un vero
match. L’adrenalina
è tangibile
e Sly (vecchia
volpe liftata
dal cuore
generoso)
assesta ottime
riprese e
si guadagna
il nostro
tifo. Un’uscita
di scena dignitosa
e auspicabile
innestata
sulla metafora
della vecchiaia
ché
un leone stanco
sa ruggire
anche quando
si ritira.
Chapeau.
(recensione
di Daniela
Losini )
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recensione del
film "Rocky
Balboa"! |
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