|
|
|
|
rischio a due
- recensione
|
|
Per Al Pacino potrebbe
trattarsi di una vera
e propria “Dipendenza
dal rischio”.
Recitare è
gioco, generosità
ed eccesso. Ma soprattutto
una visione alternativa
del reale. Con estremo
pudore e molta parsimonia,
l’attore accetta
parti quasi come se
per lui il lavoro
fosse terapeutico.
E lavorando nel nome
del Metodo sulla sua
solitudine esistenziale,
ha costruito una galleria
di grandi personaggi
“autobiografici”
che, se da un lato
lo hanno imprigionato
in un percorso obbligato,
dall’altro lo
hanno imposto subito,
appena trentenne,
come l’emblema
del nuovo cinema esistenzialista
e problematico anni
Settanta. Da La Regola
del Sospetto a Rischio
a due, l’attore
imperfetto abitato
dagli eccessi e dall’incomprensione,
si racconta attraverso
segni, piuttosto che
interpretazioni. In
quest’ultima
operazio- |
|
|
|
ne
di marketing,
professionalmente
senza
infamie,
con
Pacino
che
istrioneggia
con
l’aria
sempre
più
disfatta
e McConaughey
cavo
elettrico
ad alta
tensione,
c’è
il sapore
di Stangata
per
un duo
comico
inedito.
A metà
film
purtroppo
già
cadono
le maschere.
Ma il
gioco,
visto
e rivisto,
è
realizzato
con
grande
eleganza
formale
(alternanza
di luci
fredde
e calde,
montaggio
nervoso,
location
indovinate).
|
|
|
|
Per tutta
la prima parte
il regista
riesce a mantenere
un crescendo
di tensione
e un ritmo
notevoli.
Quando invece
è costretto
a far girare
il meccanismo
verso la risoluzione
conclusiva,
perde progressivamente
coerenza e
credibilità.
E soprattutto
non riesce
a produrre
un “coup
de théatre”
veramente
sorprendente.
D.J. Caruso
(Identità
violate) è
un regista
solido e affidabile
che, probabilmente,
con una sceneggiatura
meglio congegnata,
avrebbe realizzato
un film di
maggior impatto.
Con "Rischio
a due"
capitalizza
comunque al
massimo i
suoi attori.
(di Bruno
Trigo )
|
-
Scrivi la tua
recensione del
film! |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Copyright © Cinema4stelle.it 2003-2005.
Tutti i diritti sono riservati.
|
|
|