RICKY BOBBY
 

ricky bobby recensione

 
Tra gli 8 maggiori incassi per il 2006 negli Stati Uniti, arriva ora anche sui nostri schermi, distribuita da Sony Pictures, questa opera prima del regista Adam Mc Kay, un film scanzonato che sembra una produzione Disney con qualche parolaccia in più. Talladega Nights: The Ballad of Ricky Bobby (questo il titolo originale) è un film di pura evasione, molto fortunato, tanto da battere al botteghino anche Oliver Stone e il suo World Trade Center nelle prime settimane di incassi. Figlio di genitori separati Ricky Bobby (Will Ferrer) è addetto al sollevamento vetture nella scuderia di Terry Cheveux (lo stesso regista Adam Mc Kay). Quando quest'ultimo nel bel mezzo di una gara si concede una sosta per trangugiare un panino, Ricky lo sostituisce al volante, dando inizio così a una carriera sfolgorante di pilota, piena  
 
di incredibili successi. Finché, a causa di un incidente spettacolare tutto sembra crollare. Da eroe nazionale osannato dalle folle dei tifosi, Ricky Bobby è costretto a tornare a una vita normale. Ma ecco che suo padre, Reese Bobby (Gary Cole), che lo aveva abbandonato ancora bambino per inseguire anche lui il sogno di diventare pilota, non torna a farsi vivo per aiutarlo a ritrovare la strada, o meglio la pista,  
che aveva perduto. Ci riuscirà? Non ci riuscira? Provate a indovinare. Scritto dallo stesso regista e dal primattore Will Ferrer, il film si giova di un ritmo serrato e non mancano alcune (poche) scene emozionanti di gare e relativi incidenti. Se i ritmi delle scene, come abbiamo detto, sono serrati, non sono da meno i dialoghi, che proprio per questo però finiscono con l'affogare alcune battute veramente divertenti in un profluvio di battutine piuttosto scontate. L'insieme dunque risulta piuttosto lontano dal cinema demenziale, al quale invece sembra volersi ispirare. Ciononostante è un film pulito da andare a vedere senza aspettarsi molto, e a patto di sopportare con disinvoltura il concetto, molto americano, che esprime la filosofia del film, condensato nella frase che papà Bobby inculca nel suo pupillo: "Se non sei primo sei ultimo".

(di Claudio Montatori )

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