RESIDENT EVIL: EXTINCTION
 

recensione resident evil: extinction

 
La fine del mondo è giunta. La terra è diventata un enorme landa deserta, la civiltà è stata spazzata via dal T viruse e soltanto un piccolo microcosmo di umanità è rimasto. Questo è lo scenario apocalittico che fa da sfondo al capitolo finale della trilogia Resident Evil, basata sull’omonimo videogioco-fenomeno. Una sempre splendida Milla Jovovich è l’eroina di turno, stavolta in versione western, una sorta di Clint Eastwood spietata. Quando era prigioniera della Umbrella Corporation, società che ha contaminato l’umanità col T virus, Alice era soggetta ad esperimenti di biogenetica che hanno modificato il suo DNA, dandole una forza e poteri sovrumani. Per questo ella vaga come una nomade solitaria nel deserto, temendo per l’incolumità dei pochi umani che incontra sulla sua strada. Nel frattempo un gruppo di sopravvissuti  
 
hanno formato un gruppo di circa trenta persone, adulti e bambini che vengono trasportati da un convoglio di veicoli, formato da un bus scolastico, un’ambulanza, un furgone per i servizi televisivi e un’autocisterna di benzina. Si spostano da una città all’altra semplicemente per sopravvivere ma stanno diventando disperati. L’incontro con Alice e darà loro un barlume di speranza, ma la Umbrella è sulle loro tracce…  
A tornare nel secondo film c’è Carlos Oliveira interpretato da Oded Fehr (La Mummia) nel ruolo di ex mercenario della Umbrella. Mentre i due film erano ambientati in spazi molto limitati, le sequenze d’azione su larga scale si svolgono in territori post-apocalittici in pieno giorno. Il regista prova a terrorizzare lo spettatore con assalti giornalieri degli zombi, in pieno deserto. Horror che sfocia nel paranormale che diventa fantascienza,” scene americanissime” in cui un satellite della Umbrella monitora dallo spazio i movimenti della protagonista, ma quando non ci sono zombie da trucidare il film risulta noioso e assai prevedibile. Per i fedeli fruitori del videogioco, ritroviamo i cani infernali e i laboratori della Umbrella fedelmente riprodotti, le piantine verdi e rosse poi c’è un’ordata pazzesca di corvi-mutanti e uno dei boss più amati dagli appassionati del gioco, l’enorme Tyrant. E poi la new entry: i super “non morti”, ossia dei non morti più veloci, forti e abili. Abusato uso del dolly e scene di combattimento al limite del già visto, attese estenuanti in ogni stanza entri un essere umano, ove il solito zombie uscirà fuori dal solito angolo buio. Assolutamente incomprensibile a chi non ha i visto i Resident Evil precedenti, ci si chiede ancora il perché delle tante Alice clonate, uccise e gettate in una fossa. Da segnalare le nuove armi di Alice, un paio di lame molto appuntite chiamate Kukris, i coltelli nazionali del Nepal, spassosissime nelle mani della Jovovich. Per il resto, un personaggio che nel primo film muore tagliato in tanti piccoli pezzi da un laser, qui fa una piccola apparizione…sarà anche questa opera della Umbrella Corporation?!

(recensione di Moira Chiani )


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