REPLAY
 

recensione replay

 
Opera prima per il giovane regista Giorgio Grasso (26 anni), che descrive la storia di due giovani alla deriva dal loro amore ma, nel contempo, esamina la possibilità di uno scambio continuo di sofferenza tra gli esseri umani. Il film ha dalla sua parte una trama molto interessante e anche una interpretazione credibile da parte degli attori (Yassmin Pucci, l'ochetta vendicativa, Leandro Guerrini, faccia pasoliniana), ma subisce la pesantezza di alcune lungaggini. Se da una parte il dialogo tra il protagonista e il suo amico (Massimo Triggiani) sul cinema, sulla capacità di scrivere una sceneggiatura valida e sulla valutazione che la gente avrà dell'opera è un momento meta-cinematografico utile a capire i colpi di scena finali (e, forse, a giustificare sdolcinatezze e lungaggini nella parte centrale che vede la ragazza amare un  
 
altro uomo, Fabrizio Croci, scelta azzeccata), d'altra parte è un momento troppo palese e già visto al cinema, che si poteva risparmiare. Come se il regista cercasse di venire incontro al pubblico, criticando certo cinema e 'scusandosi' con gli spettatori per il twist finale. Inoltre, la parte centrale in cui la ragazza subisce il tradimento, la sofferenza e l'assoggettamento a questo nuovo uomo, doveva essere trattato di più attraverso i dialoghi, perché solo con essi poteva compiersi la modificazione del personaggio femminile, minare le sue basi di donna dominatrice e ridurla a ragazzina innamorata. Questa sarebbe stata una grande prova di scrittura, anche se ardua. Se, quindi, il film si fosse concentrato tenendo ben presente la seconda parte,
versando la sua carica tensiva all'interno di una specie di incubo, tagliando fino all'essenziale la prima parte, nonché diminuendo la presenza di personaggi secondari (la sequenza a teatro, ad esempio), si sarebbe riuscito a scavare più a fondo all'interno del concetto di odio e sofferenza, di vendetta e amore, incancrenendo di più la visione di una umanità gretta e ostile. Rimangono comunque buone alcune sequenze (come la 'similitudine' tra uomini e manichini), alcuni dialoghi (quello su Adamo ed Eva) e l'idea di fondo (le 'agenzie di sofferenza'). Tutto sommato un film godibile ma che doveva ridursi all'essenziale o allungarsi con l'incessante meccanismo di distruzione altrui. Per dare, così, uno scossone vero e proprio all'invecchiato cinema italiano di questi anni. Aspettiamo un secondo film.

(recensione di Giorgio Neri )


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