RATATOUILLE
 

recensione Ratatouille

 
Possiamo stare tranquilli: l’acquisizione della Pixar da parte della Walt Disney non ha intaccato i tratti caratteristici che abbiamo amato in tutti i cartoni animati creati sotto l’egida che ha dato i natali a “Nemo” o “Monsters & Co.”, tanto per citare un paio di titoli a noi particolarmente cari. Remy è un topolino francese, vive in campagna col fratello pasticcione, il padre severo e la propria colonia di ratti. Si cibano di avanzi ma il ribelle adora i profumi delle pietanze, ne sa riconoscere umori e miscelare sapori. Dopo un attacco subito da una nonnetta agguerritissima scappano tutti nelle fogne ma per sfortunate coincidenze, Remy perde il gruppo. Finisce da solo nei pressi di un paradiso: il ristorante del venerato Auguste Gusteau, cuoco sostenitore della teoria che chiunque può cucinare. Si avventura in cucina e si allea con lo  
 
sguattero, coronando allo stesso tempo il desiderio di preparare prelibatezze dell’uno e di essere preso in considerazione dell’altro. Ratatouille colpisce nel segno per ingegnosità, capacità di svicolare e svincolarsi da mediocri soluzioni narrative (il finale è emblematico) ed è in grado di divertire con grande intelligenza e a più livelli. Visivamente è una goduria: dalla consistenza dell’acqua, al manto dei topi, alla  
lucidità realistica delle pentole di rame ma in realtà banalizziamo l’eccellente lavoro di rendering col solo elenco delle prodezze computerizzate; narrativamente è una girandola di incastri, situazioni e personaggi azzeccati: il perfido Skinner, i cuochi in cucina, la compagnia dei ratti, Parigi al meglio di come l’abbiamo fissata nella memoria e infine, tecnicamente ineccepibile. A proposito citiamo la rocambolesca sequenza del carrello in soggettiva e del movimentatissimo inseguimento sulla Senna. Indimenticabile la figura del critico Anton Ego, sottile recensor becchino che decreta morte, vita e resurrezioni dei ristoranti di Parigi: gabbato dal piatto che non ti aspettavi, dallo chef che non credevi e dall’onestà intellettuale cui lo costringono le papille gustative. Training al quale molti dovrebbero sottoporsi prima di esprimere una qualsiasi opinione. Dirige e scrive Brad Bird (padre de “Gli Incredibili”), nostro prediletto maitre à filmer. Lunga vita ai topastri cucinieri.

(recensione di Daniela Losini )

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