RADIO AMERICA
 

radio america recensione

 
Caro vecchio Bob. Ottantadue anni e non sentirli. Il regista americano più originale e visionario vive da tempo una vecchiaia cinematografica feconda e malinconica. Non più la ferocia di America Oggi o M.A.S.H., non più il rigore caustico del Tanner'88 scritto con il suo omologo fumettistico, padre dei Doonesbury, Garry B. Trudeau. Anche qui la scelta della storia e, di conseguenza, del cosceneggiatore, nasce dalla ricerca reciproca di una corrispondenza, di uno specchio. Così nasce Radio America, felice "traduzione" italiana del titolo originale A prairie home companion, nelle sale già dal 1° giugno. Il film, già presentato nell'ultimo festival di Berlino, nasce dall'esigenza di Garrison Keilor - condu(a)ttore e ideatore dell'omonima trasmissione radiofonica che riscuote dal 1974 un enorme successo, raggiungendo più di 550 fre-  
 
quenze e 35 milioni di famiglie statunitensi - di raccontare lo spirito della straordinaria avventura di cui è protagonista, nella realtà e persino nel film. L'idea è semplice quanto geniale: raccontarne l'ultimo giorno di programmazione, facendola diventare una radio di provincia, in onda dal Fitzgerald Theatre di St. Paul, e non una realtà nazionale. Un pretesto per raccontare un'America profonda e ingenua, da molti pa-  
ventata e forse ormai obsoleta e irraggiungibile. Inevitabile, con queste premesse, la collaborazione con Altman, che del declino statunitense, è profeta e cantore. Ne nasce un dolce e malinconico quadro di un universo in cui vive una realtà antica, specchio dell'animo più genuino degli Stati Uniti. Ovviamente il tutto viene impreziosito dall'ormai solita confluenza nel cast, a salario minimo, di attori speciali. Si ride con la coppia di cowboy country Dusty e Lefty, i perfetti, anche nell'alchimia, Woody Harrelson e John C. Reilly, duri dal cuore d'oro, teneramente puri quanto sboccati. C'è la famiglia Johnson. Le due sorelle Rhonda e Jolanda, anche qui strepitose Meryl Streep e Lily Tomlin, superstiti di un gruppo, anch'esso country, ma tutto al femminile. Uguali e diverse, danno vita a scene e dialoghi di spessore. Con loro la giovanissima (ex?) idolo delle teenager, una sorprendente Lindsay Lohan, che interpreta Lola, figlia di Rhonda, che saprà sbocciare in un fuori programma, prima di vivere una vita arida destinata alla sua generazione, divisa tra precarietà e nichilismo. Gustose anche le partecipazioni di Kevin Kline, investigatore chandleriano e Virgilio che ci accompagna nella storia, e dell'impenetrabile Tommy Lee Jones, simbolo del progresso inesorabile e indifferente. Persino ad un angelo troppo buono per essere vendicatore, una imprevedibile Virginia Madsen. Burattinaio e provocatore Garrison Keilor nelle parti di se stesso, fiero esponente come Altman, di un'America tradizionale, ma progressista e autoironica. Tra drammi veri, presunti e tragicomici, con un continuo intrecciarsi di vite e episodi si ascolta l'ottima musica che più di ogni altra espressione artistica racconta le contraddizioni dell'amata e odiata America (di ieri, oggi e domani): quel country tanto proletario di origine e spirito quanto bandiera di una destra retrograda. E si assiste ad un Nashville minore e claustrofobico: meno tagliente e più malin-comicamente rassegnato, che si rinchiude in un teatro di registrazione dopo aver assaporato la grandezza di un enorme concerto all'aperto. Come l'America, appunto.

(di Boris Sollazzo )

- Scrivi la tua recensione del film "Radio America"!
 
 
  Scheda Recensione Locandina  
 

Copyright © Cinema4stelle.it 2003-2005. Tutti i diritti sono riservati.