QUESTO PICCOLO GRANDE AMORE
 
locandina questo piccolo grande amore

recensione

 
Nel 2001 con Moulin Rouge! Baz Luhrmann, grazie al suo talento visionario e allo stile kitch, coloratissimo e inconfondibile, ha riportato in auge un genere che sembrava ormai morto e sepolto: il musical. La sua pellicola era talmente moderna e nuova che ha ispirato e convinto Hollywood a puntare nuovamente sulle pellicole musicali. Da allora in poi è stato realizzato un musical all'anno fino ad Across The Universe, uscito l'anno scorso. La pellicola di Julie Taymore però ha portato il musical ad un altro livello: non più musiche scritte appositamente per la storia o brani di vari autori adattati al racconto come nel film di Luhrmann, ma un omaggio ad un preciso gruppo musicale, i Beatles, che ha trasformato in immagini i testi dei Fab Four. Memore dell'esempio di Luhrmann e della Taymore il regista Riccardo Donna ha portato sullo schermo l'album  
 
di Claudio Baglioni "Questo piccolo grande amore", da cui deriva il titolo della pellicola. Qui però i protagonisti non cantano, non ballano e si limitano ad usare qualche verso delle canzoni di Baglioni come battute. La storia è presto detta: Roma, anni '70, Andrea è uno studente di architettura, che deve ancora trovare il suo posto nel mondo, che per caso, durante una manifestazione studentesca, incontra Giulia,   recensione questo piccolo grande amore

una ragazza all'ultimo anno di liceo timida e inesperta. Scatta subito l'amore e, come in uno spot dei Baci Perugina, i due vedono il mondo a tinte rosa e cuoricini, ma devono presto scontrarsi con le difficoltà del mondo reale. Donna porta il musical a un livello ancora successivo: non è la musica che accompagna le immagini, ma è la pellicola che cerca disperatamente di adeguarsi alle canzoni di Baglioni, rivelando subito lo scarso talento visionario dell'operazione che puzza fin da subito di furbetta operazione commerciale. Oltre al musical infatti, il film pesca a piene mani dalle storie alla Moccia, per cui spesso ci si aspetta di veder spuntare fuori da un momento all'altro Step e Babi, e i pochi momenti in cui cerca di riallacciarsi alla commedia musicale diventano estremamente imbarazzanti (su tutti la scena del matrimonio e del primo bacio sul lungotevere). La pellicola rimane così in bilico tra la commedia destinata alle ragazzine e la presunzione di fare un "Across The Universe alla romana" con risultati a volte quasi grotteschi. I due giovani attori Emanuele Bosi e Mary Patruolo sono impressionanti per la loro mono-espressività e alcune scelte di sceneggiatura risultano incomprensibili, come se la storia in certi punti fosse stata tagliata con l'accetta. Insomma l'ennesima pellicola destinata agli adolescenti che banalizza ogni aspetto dell'amore tra giovani e dell'essere giovani, cogliendone solo il lato più infantile e superficiale. Il cinema italiano dopo cinepanettoni e cinecocomeri sembra dunque aver scoperto le potenzialità di questi "cinecioccolatini", prodotti appositamente per San Valentino, a cui questo film appartiene decisamente. Speriamo di non dover subire presto l'assalto anche di "cineuovapasquali" o "cinecastagnole".


(di Valentina Ariete)


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