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recensione quel
treno per yuma
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Scenario, il selvaggio
e polveroso west.
Regna la legge del
più forte,
l’applicazione
della giustizia è
a discrezione di chi
ha il coraggio e i
mezzi per farla rispettare.
Dan Evans (Christian
Bale) è un
contadino senza una
gamba, gravato dai
debiti e dalla perdita
di stima da parte
di moglie e figli,
ridotti alla fame.
La sua occasione arriva
quando gli viene offerto
di scortare, fra mille
rischi seppure dietro
lauto pagamento, il
più sanguinario
e abile bandito di
tutto il west, Ben
Wade (Russel Crowe),
fino al treno per
Yuma, dove verrà
finalmente messo in
cella dopo anni di
latitanza e una lunga
scia di sangue. Ma
la mèta è
lontana, il numero
dei nemici da sconfiggere
smisurato: Ben è
infatti seguito a
distanza dalla sua
banda di spietati
collaboratori, che
alla prima buona occasione
saranno pronti a fare
una strage per liberarlo.
Il viaggio, vera |
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ossatura
del
film
di James
Mangold
(Ragazze
interrotte",
"Quando
l’amore
brucia
l’anima",
"Heavy"),
sarà
la doppia
chiave
di lettura,
esteriore
ed interiore,
dei
due
eroi
della
storia.
Se Mangold
sceglie,
infatti,
un impianto
piuttosto
classico
per
questo
western,
giocato
su emozionanti
scene
d’azione,
inseguimenti
e pistolettate
(c’è
pure
una
comparsata
per
gli
Apache),
inserisce
però
una
nota
psicologica
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forse sconosciuta
al genere.
Il ritmo incalzante
dei primi
minuti di
film, aiutato
da una macchina
da presa nervosa
ed emotiva,
si placa in
un gioco di
duelli fra
i due antagonisti
dipanati più
sul filo delle
parole che
delle pallottole,
in un confronto
quasi filosofico
tra l’elegante
e imperturbabile
rapinatore
e l’onesto
ma consumato
contadino.
I due di fatto
si difendono
l’un
l’altro
perché
confortati
da un sommerso
rispetto reciproco.
Sullo sfondo
la tensione
del pericolo
imminente,
della morte
che bracca
tutto il gruppo
che tiene
prigioniero
Ben. E una
domanda aleggia
costante nell’aria:
il cuore di
Ben è
davvero così
nero? “Quanto
sia cattivo
– ha
dichiarato
lo stesso
Crowe- lo
si scoprirà
solo negli
ultimi minuti
del film”.
Armonioso
e ben congegnato,
il film (remake
riveduto e
corretto di
"3:10
to Yuma",
1957, protagonista
Glenn Ford),
sarà
amato dagli
affezionati
al genere,
ma anche dai
novellini.
La modernità
dei movimenti
di macchina
(lo spettatore
sente spesso
di dover schivare
le pallottole),
un pizzico
di ironia
nella sceneggiatura
e l’originalità
di look e
carattere
dell’eroe
negativo,
più
simile ad
un lord inglese
che ad un
cow boy, rendono
la pellicola
un momento
di intrattenimento
puro e fanno
dimenticare
alcune soluzioni
narrative
melense. Una
parabola sul
“chi
è senza
peccato scagli
la prima pietra”,
sul confine
tra bene e
male, sulle
debolezze
anche di uomini
“veri”
come quelli
che popolano
il west, ma
anche sulla
coraggiosa
determinazione
come forma
di riscatto.
Le convincenti
interpretazioni
di Crowe e
Bale, sono
arricchite
da bellissime
maschere di
contorno,
giustamente
sporche e
cattive, fra
cui merita
una citazione
quella di
Ben Foster
(Charlie),
perfetto nella
parte del
glaciale assassino
senza scrupoli,
fidato braccio
destro del
bandito Crowe.
Quasi irriconoscibile,
un invecchiato
Peter Fonda.
(recensione
di Paola
Simonetti
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treno per Yuma"! |
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