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Film fasullo già
dalle prime battute:
l’impostazione
è perniciosa
e aliena dalla realtà.
Non s’incolpa
l’ispirazione
che liberamente proviene
da Lev Toltsoj e “La
Sonata Kreutzer”
quanto la decisione
di bloccare qualunque
fremito di vita del
testo e dell’immagine,
ammazzando vicende
e sospiri ossessionati
dei protagonisti con
una staticità
mortuaria da fuilleton
televisivo, sovraccaricato
da tronfie ambizioni
intellettuali. Lui
(Giorgio Pasotti,
con la faccia/rictus
di quello che soffre
ma tanto tanto) fa
il banchiere per noia,
viene infinocchiato
dall’investitore/amico
– noi lo intendiamo
immediatamente che
la fregatura è
palese ma lui ci metterà
ben sessanta gravosi
minuti per accorgersene
– ma soprattutto
soccombe al delirio
d’amour fou
quando incontra lei,
una pianista (Vanessa
Incontrada, tanto
bellina, tanto bambo- |
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lina)
che
sposa,
ama
e accoltella.
Com’era
successo
per
l’italico
“Mare
Nero”
presentato
anch’esso
al Festival
di Locarno,
la freddezza
e la
pretenziosità
che
trasuda,
gelano
la platea:
i dialoghi
ridondano
spericolate
parole
che
nessun
innamorato
pazzo
userebbe
mai
(al
primo
incontro:
“Tu
sarai
mia
per
tutta
la vita,
ci sposeremo,
avremo
una
famiglia”
e vorresti
che
lei
anzichè
lasciarsi
baciare,
rispondesse
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“Accenderei
un mutuo,
piuttosto”)
e se non bastasse,
la limacciosa
voce narrante
spiega ogni
sfumatura
sin nei recessi
più
reconditi
dell’amore
possessivo
ogni oltre
limite. Teatrale,
recitato artificiosamente
sino a rasentare
la farsa e
il ridicolo.
Rimangono
solo bei corpi
e belle facce
al servizio
della paturnia
intellettualchicfilosofica.
Mai un guizzo
di follia
amorosa realistica:
chiosa e richiosa
su se stesso
attorcigliandosi
e sprofondando
nella melma
dell’oscura
cianfrusaglia
che è.
(di Daniela
Losini )
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