QUALCOSA DI SPECIALE
 
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Burke Ryan (Aaron Eckhart), stimato terapista, perde la moglie in un incidente stradale, e decide di aiutare chi come lui ha subito un lutto a superare il dolore e la rabbia della perdita. Gira gli Stati Uniti per i suoi seminari, saluta i fan adoranti, prepara con i responsabili di marketing una linea di prodotti dimagranti con il suo volto, cose così. Un giorno arriva a Seattle per un seminario di una settimana, e incontra Eloise Chandler (Jennifer Aniston), fiorista stanca degli uomini e dell'amore, e fra i due inizia una certa attrazione. Ma Seattle non è il posto migliore dove stare per Burke: è la città natale della ex moglie, dove ancora vivono i genitori di lei. E i suoceri conoscono la verità sul suo conto, ovvero che lui non ha mai superato il lutto della moglie, ma semplicemente evitato, nascondendo il dolore e quindi  
 
basando la sua carriera su una menzogna. L'elaborazione del lutto è trattata in modo così dettagliato che non si può definire questo film una vera e propria commedia romantica. Però ci sono Jennifer Aniston, gli appuntamenti che finiscono con sorpresa mozzafiato e dei buffi dettagli per ogni personaggio, quindi non è neanche un film drammatico. "Qualcosa di Speciale" - traduzione a caso, come da tradizio-   recensione qualcosa di speciale
ne - è una via di mezzo tra i due generi, come capitano ogni tanto, solo che invece di farne un film in cui si piange e si ride e si esce dal cinema pieni di amore e armonia con l'universo intero, si esce dal cinema commossi per qualche battuta di Charlie Sheen, suocero del protagonista, ma principalmente insoddisfatti. Il problema principale è la storia, che non ha un grande senso, ha tanta retorica e delle parti un po' sprecate. Ad esempio, a guardare bene, il personaggio di Jennifer Aniston è inutile, visto che la presa di coscienza di Burke non passa direttamente attraverso di lei, ma per questioni contingenti. A livello tecnico, "Qualcosa di speciale" non ha nulla da invidiare alle commedie romantiche di maggiore successo, solo che non lascia molto il segno. Può essere un modo di occupare un pomeriggio piovoso di tarda estate per gli appassionati del genere, per gli altri diciamo solo questo: a un certo punto c'è una standing ovation che parte da una persona sola che batte le mani a rallentatore per un buon 30 secondi e poi via ad aumentare di intensità, tutti in piedi e via coi violini. In base a quanto vi stia sulle scatole questo tipo di scena, valutate se vederlo o meno.

(di Chiara Galeazzi )


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