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Ancora una volta Hollywood
attinge dal mondo
dell’horror
giapponese. Pulse
è il remake
di Kairo, interessante
opera di Kiyoshi Kurosawa,
di cui però
non riesce a replicare
le atmosfere. I produttori
si affidano ad un
cast emergente di
stelle televisive,
da Kristen Bell, protagonista
della serie “Veronica
Mars”, a Ian
Somerhalder, visto
nella serie “Lost”,
nel tentativo forse
di attirare un pubblico
giovane. Il regista
Jim Sonzero, conosciuto
soprattutto in campo
pubblicitario, è
bravo a cogliere alcune
inquadrature azzeccate,
ma eccede nell’uso
di colorazioni alterate
e montaggi frammentari.
Le buone intenzioni
non bastano insomma
a questo film dal
ritmo blando, in cui
anche la recitazione
non impressiona e
i vari attori non
sembrano sempre calati
totalmente nel ruolo.
La parte iniziale
del film, che ruota
attorno al suicidio |
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del
giovane
fidanzato
di Kristen
Bell
e alle
misteriose
presenze
che
si aggirano
attorno
ai protagonisti,
è
un po’
lenta
e si
fatica
ad entrare
nel
vivo
della
storia.
Anche
gli
effetti
speciali
delle
creature
vengono
rivelati
un po’
troppo
presto,
togliendo
anche
quel
po’
di mistero
che
non
avrebbe
guastato.
La spiegazione
di tutto
quello
che
accade
è
poi
abbastanza
confusionaria
e –
come
spesso
capita
nelle
pro-
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duzioni americane
– raccontata
un po’
frettolosamente:
messa insomma
in secondo
piano rispetto
ad altri aspetti,
quali azione
e suspance,
che però
in questo
film non sono
di qualità
tale da giustificare
questa scelta.
Peccato perché
l’idea
di base non
sarebbe male:
i morti che
dall’aldilà
non solo riescono
a mettersi
in comunicazione
con noi, ma
che trovano
un passaggio
per il nostro
mondo attraverso
le frequenze
delle connessioni
wireless.
Computer e
cellulari
diventano
così
una minaccia
per l’umanità:
un modo anche
per farci
la predica
sull’utilizzo
smodato di
queste nuove
tecnologie,
di cui finiamo
per essere
schiavi. Agli
appassionati
del genere
non restano
che il visino
di Kristen
Bell e un
paio di scene
che fanno
sobbalzare
sulla sedia,
per giustificare
il prezzo
del biglietto:
un po’
poco per salvare
un film dal
finale scontato
che si dimentica
velocemente.
(di Flavio
Nani )
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