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Jean-Baptiste Grenouille,
protagonista dell’omonimo
romanzo di Suskind
che ha raccolto attorno
a sè milioni
di accaniti lettori/seguaci,
approda sul grande
schermo incarnato
nel macilento corpo
e negli occhi inquieti
del pressochè
esordiente Ben Whishaw
(il miglior attore
degli schierati nella
pellicola, diremo).
Brevi cenni della
trama: nei sobborghi
parigini nasce un
individuo in grado
di percepire gli odori
in modo straordinario.
Passa l’infanzia
alla speraindio nell’orfanotrofio,
l’adolescenza
malmenato nelle concerie
e la prima giovinezza
come apprendista profumiere
nella bottega di Baldini
(Hoffman, che per
interpretare un italiano,
gesticola). Grenouille
è posseduto
dalla brama di creare
il profumo della vita,
ed è deciso
a realizzare la propria
ossessione con ogni
mezzo. Dopo un vorticoso
inizio apoca- |
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littico
con
ampia
esposizione
di visceri,
Tom
Tykwer
(Lola
Corre,
Heaven)
prova
a condensare
con
risultati
contrari
alle
intenzioni
lo svolgersi
dell’ordito
ricchissimo
di affascinanti
spunti
e suggestioni.
Il risultato
è
discontinuo
e si
ravvede
indecisione
ovunque.
Dal
montaggio
al ritmo
delle
scene
che
paiono
accorpate
senza
una
reale
coesione
generale.
Troppi
sono
gli
elementi
adottati
per
tentare
il dispiegamento |
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della vicenda:
fotografia
da horror
patinato,
dialoghi alla
Crime Scene
Investigation
durante le
indagini del
Prefetto di
Grasse (ndr
la cittadina
dei profumi
per eccellenza)
ove avvengono
gli omicidi,
intermezzi
da fuilleton
in costume
o dissacratori
(mentre il
clero invoca
inutili scomuniche,
viene rapita
e uccisa una
suorina) sino
all’introspezione
didascalica
del protagonista
sottolineata
dalla voce
narrante che
straborda
inefficace.
Si raggiunge
l’acme
nella rischiosa
e parossistica
scena dell’esecuzione
in piazza
– non
stiamo svelando
niente, nel
prologo s’intuisce
tutto –
dove cinquanta
attori provenienti
da “La
Fura dels
Baus”
più
altre cento
comparse trasformano
il loro odio
per il condannato
in un rito
che potremmo
definire senza
timore di
smentita,
assai liberatorio.
Il finale
riuscito e
spiazzante
per la crudezza,
è anch’esso
abbandonato
alla generale
anarchia.
Imponente
(pure nella
durata) e
patinata occasione
persa.
(di Daniela
Losini )
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