PRINCESAS
 

princesas recensione

 
Nel 2003 il giovane regista spagnolo Fernando Leon De Aranoa aveva entusiasmato con “I Lunedì al sole”, dalla critica definito “un film poetico e duro, graffiante e commovente”: stesso identico giudizio può tranquillamente attribuirsi a questo “Princesas” che in più ha il merito di evitare qualche lentezza di troppo presente nel primo. Un film coinvolgente al massimo, in cui immediatamente “entri” dentro sentendoti partecipe a quanto avviene sullo schermo come sempre più raramente oggi accade. Personaggi così umani e “veri” che ti sembra di conoscere da sempre (o che ti piacerebbe conoscere), un racconto che affascinerà l’intero pubblico femminile e che “i maschietti” non dovrebbero assolutamente perdere (se vogliono imparare qualcosa). Un lavoro che conferma l’attuale momento d'oro  
 
della Spagna, all’avanguardia in campo etico-politico-economico e il cui cinema si mostra sempre più vitale e oltremodo interessante. Un affresco della umanità in cui ogni società occidentale può identificarsi, una storia che affronta problematiche di strettissima attualità e che è un omaggio, sentito e sincero, all’amicizia e soprattutto alla donna. Donna, la cui complessità solo Almodovar e Rodrigo Garcia  
avevano finora saputo esprimere in pieno: i due grandi registi hanno trovato un degno compagno nell‘abilità di analisi del percorso esistenziale dell'universo femminile. “Princesas” è uno di quei film che ti riconciliano con lo spettacolo cinematografico e che presenta più di una scena da antologia: basti pensare a quella del ristorante e a quella della telefonata rivelatrice… (rimarranno a lungo nei nostri ricordi). Uno di quei film dove non sai se ammirare maggiormente l’interessante scelta di utilizzare quasi sempre teleobiettivi nelle riprese, la splendida sceneggiatura (si sente che De Aranoa è anche uno scrittore: bellissimi i monologhi… come quello sulla “nostalgia”), l’accorta e intelligente regia, la performance dell’intero cast. Attori in stato di grazia in cui primeggiano la quasi esordiente (prima esperienza come coprotagonista) Micaela Nevàrez e soprattutto l’eccezionale e sbalorditiva Candela Pena (già vista in “Ti do i miei occhi”, “Torremolinos 73” e in “Tutto su mia madre”): ambedue fantastiche nel ritratto di due donne, una specchio dell’altra, che intraprendono insieme un viaggio in uno stato di ricerca costante per arrivare infine ad accettare la propria vita sconfiggendo solitudine e mancanza di fiducia: donne che non aspirano ad essere diverse né uniche ma solo "normali".

(di Leo Pellegrini)

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