PREY
 

prey recensione

 
Prey. Prega. Prega sì, o spettatore incauto che ti accoccolerai in poltrona prefigurandoti speranzoso un simil-horror natura indomabile contro mammiferi bipedi prepotenti. Chi scrive ha come punto di riferimento "Monkey Shines" di Romero - per non citare tutto il citabile in merito, soprattutto “Spiriti nelle Tenebre” - e dunque è chiaro sin dall'inizio che ciò che scorre dinanzi ai propri increduli e annoiati occhi, è qualcosa di cui non ci si spiega nè l'esistenza nè il passaggio nell’ufficiale circuito cinematografico. Non innalzeremo polemiche verso le (s)ragioni distributive (percependo nebule di là dal diradarsi e districarsi) ma piuttosto sbroglieremo in breve, trama e commento. Robocop (Paur Weller) versione ingegnere idraulico, atterra in Africa con prole e sgambettante nuova mogliettina acquisita. Lasciando fiducio-  
 
so la famigliuola al safari della vita, si reca al lavoro. Succede che l’imberbe e piagnucoloso ultimogenito debba appartarsi per necessità corporali e succede che codesta azione si svolga nel bel mezzo della savana (a proposito, qualcuno ricorda quei truculentissimi simil-documentari sulla Savana di Antonio Climati?) e la guida - con tanto di fucile – è presto in balìa delle fiere. Da questo momento, si darà la stura  
al gioco del rimpiattino umani/leoni e s'indovini per chi tifiamo. Si pasteggerà poi a braccon(i)eri con macete, buzzurri cacciatori filosofi e indovinate chi viene risparmiato. Non certo lo spettatore. Chi desidera tuffarsi in atmosfere più dense e similari recuperi, senza indugio, il recentissimo figlio fantasma di Lamberto Bava (Ghost Son). Vien voglia di riabilitarlo a capolavoro, con la velocità della luce.

(recensione di Daniela Losini )

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