PRESA MORTALE
 

recensione presa mortale

 
Il business attorno ai wrestler in America è una cosa seria, talmente seria che si sono inventati una casa di produzione cinematografica e “Presa Mortale” di Jon Bonito (sin d’ora aveva girato solo spot e videoclip ma come dire, se la cava meglio di molti filmmaker irreggimentati e boriosi) rischia di far divertire senza pretesa alcuna se non quella di farvi finire il maxi secchiello dei pop corn. John Cena (monoblocco di carne scolpita, facciotto monoespressivo, occhio pendulo) è un marine che viene congedato. Ha fatto la cosa giusta ma ha disobbedito a un ordine. Torna a casa dalla moglie (Kelly Carlson, la miciosa Kim di Nip/Tuck) e decidono di fare quel viaggetto che programmavano da tempo. Ma che succede se incontri sulla tua strada il T Mille, Robert Patrick, furioso capo di una banda di rapinatori di diamanti? Il finimondo. Capita che per  
 
riuscire a garantirsi la fuga debbano rapire qualcuno e quel qualcuno è proprio la mogliettina – non certo una bionda passiva – del marine. La scena della rapina rimane la cosa migliore di tutta la pellicola: adrenalina, botti e bossoli ovunque. Finiscono poi a inseguirsi in una palude/trappola che fa tanto il viale delle rimembranze di Rambo, Commando, Jason, Terminator (una battuta lo cita esplicitamente  
“Sei peggio di Terminator”) e Predator ma senza aggeggi futuristici. Solo un enorme coltellaccio e la micidiale stretta dei bicipiti. Ironico, grottesco e fracassone filmastro per bocche buone e indulgenti e che genera un nuovo super-eroe: l’uomo ignifugo.

(recensione di Daniela Losini )

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