POLIZIOTTI FUORI
 

recensione poliziotti fuori

 
Solo a vederlo Kevin Smith, con quell'aria da hacker obeso e narcotizzato, i pantaloni over size da rapper sfigato, la spocchia dell'appassionato di fumetti, videogame, serie tv a cartoni animati e di tutte quelle altre scemenze adolescenziali che certuni vorrebbero contrabbandare per arte con la A maiuscola (sono gli stessi che non riescono a superare pagina 10 di un qualsiasi romanzo di Dostoevskij), verrebbe voglia di prenderlo a calci nel sedere. Se poi si vanno a vedere i suoi film, il desiderio di fargli del male fisico non è che diminuisca, semmai aumenta. Scambiato per un genio dopo il suo primo film, Clerks, ha inanellato una serie spaventosa di pellicole imbarazzanti, da Mallrats a Chasing Amy passando per Dogma e finendo con Jersey girl durante la quale ha potuto dimostrare in modo inequivocabile tutta la sua  
 
insipienza in fatto di tecnica registica e linguaggio cinematografico. Quando si è saputo che il nostro Kevin aveva alzato il suo culone dal divano di casa per firmare un contratto con una grossa major, la Warner Bros., per girare questo Poliziotti fuori , alcuni tra i suoi fan indie-alternative hanno storto il naso, giudicando quella firma come un tradimento, alla libertà poetica, all'anticapitalismo, alla lotta contro la   recensione poliziotti fuori
cultura mainstream. Beh, che stiano tranquilli, perché il risultato non è cambiato di una virgola. Fiacco, senza ritmo, scandito da situazioni puerili e battute nemmeno degne di questo nome. Già l'idea di fare un film incentrato sulla solita coppia di amici poliziotti cazzoni, uno bianco e uno nero, uno taciturno e l'altro chiacchierone, è talmente abusata da far abortire qualsiasi progetto seduta stante. Smith continua imperterrito a far ricorso al suo tipico lessico sboccato d'ispirazione scatologica ma quello che in Clerks era il punto di forza, ossia il dialogo serrato, il botta e risposta immediato e irriverente, gli argomenti sconci trattati in modo diretto e provocatorio, qui, come in tutti gli altri film che sono seguiti, è diventato maniera, volgare e prevedibile, privo di quella freschezza e quell'autenticità che lo rendeva appetibile. Non lo aiutano nemmeno i due Poliziotti fuori del titolo, Bruce Willis al minimo sindacale non ne ha mezza voglia e si vede, manda avanti il suo replicante con la faccia d'ordinanza ben avvitata sul collo mentre lui è altrove a fare altro, probabilmente in spiaggia a Miami a bere mojito. Ancora peggio è l'anima nera del duo, tal Tracy Morgan, non si sa dove l'abbiano pescato (dal "Saturday night", i neri insopportabili vengono tutti da lì), dovrebbe fare il simpatico frignone ma è tanto odioso quanto sgradevole esteticamente. Fanno parte della triste brigata anche Seann William Scott (lo Stifler di American Pie ), Adam Brody, Kevin Pollack e l'attore feticcio di Smith, Jason Lee, anch'egli pericolosamente ingrassato e imborghesito. Temevamo anche il cammeo dei famigerati Jay e Silent Bob e invece ci hanno graziato, almeno per stavolta. Sono rimasti, si vede, nel loro amato circuito underground, dove potrebbe restarci anche il loro creatore: tanto il risultato è lo stesso ma almeno in quel caso non lo vedrebbe nessuno.

(di Mirko Nottoli)


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